Le caratteristiche di un buon Digital Analyst

La Digital Analytics (tempo indietro era la Web Analytics) nasce come esigenza di creare un maggiore trait-d’union fra un sito, un blog, un e-commerce, e l’utente fruitore. Il problema è che spendere molti soldi per realizzare siti internet che possono sembrare belli, gradevoli alla vista, ma senza coadiuvare questa attività con il tracciamento e conseguentemente una analisi parallela del comportamento del traffico sul sito, può risultare del tutto aleatorio.

In pratica, dobbiamo riavvolgere il nastro, e ragionare a partire dalle fondamenta di un edificio: per quanto grandiosa sia la costruzione che si vuole realizzare, l’architetto deve progettarla facendo i conti con il terreno su cui poggerà, e il contesto urbanistico, altrimenti rischierà di crollare e/o di non essere abitabile, cioè di non entrare in relazione con il pubblico. E così è per un sito internet, che, come dice la parola stessa, è un sito, un luogo, uno spazio su cui camminare (navigare in questo caso), e che quindi deve permettere a chi vi naviga di non incontrare ostacoli e di trovare ciò che cerca per la propria “imbarcazione”.

Va inoltre fatto un importante distinguo: progettare un sito ex-novo, non è la stessa cosa che riprogettare un sito già esistente (o effettuare un semplice restyling), e d’altronde non è mai scontato che l’una cosa sia più semplice dell’altra e viceversa.
Progettare un sito da zero, vuol dire sedersi ad un tavolo con un foglio bianco davanti e una matita, e cominciare a stendere un po’ di idee e disegnare una prima bozza grafica, senza avere sottomano uno storico su test di User Experience del sito, e dei dati di traffico registrati da un software statistico, come può essere Google Analytics.
Riprogettare un sito presuppone la volontà di esaudire un concetto che per il web è lapalissiano, ovvero l’aggiornamento costante, e/o la risoluzione dell’inefficienza in termini di conversioni e conseguentemente di ROI che il sito arreca al brand, o più semplicemente stimolare un maggiore interesse, specie se parliamo di blog. A disposizione, è possibile (non sempre) già avere dei parametri di studio registrati (test usabilità / dati traffico) –> questo palesemente può indicare una direzione da prendere per il nuovo progetto. In che modo? Riguardo ai test, scelti degli utenti in target, l’Interaction Designer e l’Information Architect avranno sottoposto loro dei compiti da effettuare sul sito, registrandone poi in tempo reale il loro comportamento in risposta al task assegnato (molto spesso c’è veramente da mettersi le mani nei capelli vedendo crollare le nostre certezze, tutto ciò che avevamo propugnato probabilmente più a noi stessi che altro, sulla funzionalità del sito nel quale avevamo creduto, in quanto i tester ci rivelano tutta la sua fragilità soprattutto a livello logico, e questo ci riporta ad un concetto ancestrale, cioè mai dare nulla per scontato). Riguardo alla Digital Analytics, i dati di traffico a disposizione, specie se registrati su un software come può essere ad esempio Google Analytics, permettono al Digital Analyst di tirare le somme sui punti di forza e le falle che il sito ha durante l’uso da parte dell’utente. Incrociando le evidenze di questi tre professionisti, si evincono i punti chiave da tenere presente per progettare il nuovo sito.
Nel caso in cui si parli di un sito progettato ex-novo (ma anche per i siti già in essere), sarebbe più corretto parlare di work in progress, cioè effettuando test UX man mano che viene sviluppato il sito (ma anche quando è online), ed una volta online incrociare i dati dei test con i dati di traffico che vengono via via registrati –> e quindi rendere il sito dinamico in termini di rielaborazione realizzativa secondo ciò che si rende chiaro man mano vedendo i test e i dati di traffico.

Ma torniamo ai dati di traffico oggetto di studio del Digital Analyst, e che spunti possono oggettivare. Sembra un gioco di parole, anzi lo è, ma l’obiettivo principale del Digital Analyst è che il sito analizzato raggiunga l’obiettivo, o per meglio dire, aumenti gli obiettivi registrati, a livello di traffico, in termini quindi di conversioni. Convertire. Termine usato non a caso, in quanto il vero presupposto è toccare la coscienza “agnostica” dell’utente che entra nel sito più o meno distrattamente e non necessariamente foriero di un proprio bisogno di qualcosa, e creare in lui un cambiamento nella mente, una riflessione esistenziale, la generazione di un bisogno da soddisfare, che si traduce nell’azione effettuata sul sito (un acquisto, una mail/form di contatto inviata, od anche una semplice telefonata). Un maggiore numero di obiettivi registrati sul sito (visibili su GA se preventivamente impostati) ha una valenza bidirezionale, in quanto oltre a far felice chi possiede il sito, rende felice anche l’autore della conversione sul sito stesso. Naturalmente, conversione è un concetto abbastanza legato a fidelizzazione, anche se non sempre chi esegue una conversione tornerà poi a visitare il sito. Possiamo dire che la fidelizzazione, è il terzo elemento cardine al quale un sito deve puntare per mezzo del lavoro delle tre figure professionali menzionate in precedenza, le quali svolgono un lavoro per forza sinergico (andrebbe poi aperta una parentesi sull’interazione di queste figure e i Seo Specialist, che hanno il compito di aumentare la visibilità del sito).

Riassumiamo quindi in tre i principi su cui devono adoperarsi le tre figure professionali, per poter dire di aver contribuito al successo di un sito:

  • migliorare la User Experience, e aumentare in virtù di questo l’interazione utente/sito (detta engagement), punto che porta gioco forza al secondo qui di seguito.
  • aumentare i completamenti obiettivi registrati dal sito.
  • creare fidelizzazione dopo la prima visita, quindi “creare” visitatori di ritorno, che possono potenzialmente convertire prima, dopo… Prima e dopo, o mai (purtroppo gli eterni indecisi esistono).

 

Parlando in questa sede nello specifico del Digital Analyst, vediamo alcune peculiarità del suo operato in relazione ai tre punti principe suddetti.

Per migliorare la User Experience sul sito, il Digital Analyst riceverà i test UX forniti dai suoi due collaboratori (Interaction Designer/Information Architect), e cercherà di far combaciare le evidenze dei test con i dati visti su GA –> tutto ciò porterà a delle congetture su come migliorare il sito. Chiaramente, c’è una bidirezionalità tra le due figure UX e il DA quest’ultimo il quale, dalle evidenze viste a priori su GA, può proporre di indirizzare i test UX verso determinate direzioni.

Per aumentare i completamenti obiettivi registrati dal sito, e aumentare la fidelizzazione da parte degli utenti, il DA studierà il traffico in entrata al sito (da che fonti, da che referral, ecc) e farà un’analisi sul flusso di navigazione nel sito (grandangolare dell’intero flusso ma anche analitico su quali pagine, quali trend di volume di sessioni su ogni pagina, da che pagina provengono gli utenti verso quella di riferimento, e verso che pagina poi proseguono), per capire come si direzionano gli utenti sul sito (se ad esempio seguono una logica in linea con quanto propongono i menu di navigazione, o se si spostano da una pagina all’altra perdendo qualsiasi associazione logica e abbassando i valori di engagement, il che non porta a niente), e dove gli utenti escono dal sito invece di proseguire verso la conversione, o addirittura escono dal sito dopo esservi appena entrati (frequenza di rimbalzo sulle landing page).

Tutte queste analisi e test, hanno un senso ovviamente su siti che siano allineati ai tempi attuali, anche in termini di visibilità da mobile. Se non lo sono, bisogna cominciare col pensare ad una riprogettazione totale del sito, dopodiché si può partire con le attività di studio della interattività del design, architettura delle informazioni, e analisi del traffico. Insomma è inutile perdersi con analisi su di un sito che ha 15 anni, per intenderci.

Un’altra attività del Digital Analyst è il monitoraggio costante e la capacità di individuare rapidamente eventuali bug del sito, come ad esempio problemi di tracking, problemi sul flusso di booking, pagine down, link rotti, cali di traffico e da quali fonti, cali sul tasso di conversione e su quali prodotti, cali di engagement. La segnalazione tempestiva di un problema, come in tutti i campi, è fondamentale affinché si possano evitare tragedie nel senso più o meno letterale del termine (pensiamo ad esempio se si inceppasse il flusso di booking di un e-commerce di un grosso brand, anche solo per un giorno)

Ad un buon DA sono richieste grandi capacità analitiche e di sintesi, capacità matematiche, la conoscenza di linguaggi di programmazione per realizzare i codici tracciamento, e tanta pazienza.

27 maggio 2015 Gilberto Marciano