Perché un’azienda dovrebbe fare Content Marketing

L’interesse per il Content Marketing non accenna ad esaurirsi, e nemmeno a diminuire. Sono sempre numerosissimi gli articoli e – appunto – i contenuti su internet e non solo che consigliano alle aziende di iniziare a puntare sulle attività di Content, che risultano strategiche per proporre una comunicazione coerente con le nuove abitudini di consumo dei media digitali da parte delle persone.

Ma come si fa a capire se un’azienda o un brand hanno davvero bisogno del content marketing? Si può essere, o no, “pro-content”, ma in generale è ravvisabile la tendenza per cui molti uomini d’azienda tentino di inseguire “l’ultimo trend”, senza un pensiero strategico reale a monte delle attività.

Per capire se ha senso aumentare il proprio impegno economico nei confronti delle attività di content marketing, vi proponiamo cinque domande che ogni azienda dovrebbe porsi prima di considerare l’allocazione del budget.

1. Perché vuoi fare Content Marketing?

Le ultime statistiche del Content Marketing Institute ci dicono che l’88% delle aziende B2B in USA utilizza il content marketing, ma solo il 32% di queste ha una strategia documentata alla base. Lo stesso avviene nel B2C: il 76% delle aziende dice di fare attività di content, ma solo il 37% ritiene che la propria strategia sia efficace.

Una risposta non può essere: perché lo fanno i miei concorrenti. D’altra parte, nessuno vuole essere l’azienda che si è accorta con anni di ritardo del potenziale di ritorno economico dei social media.

La scelta più giusta da compiere deve essere basata su una valutazione il più accurata possibile delle esigenze di comunicazione che riguardano il target dell’azienda: il content marketing può essere un modo per coinvolgere di più il proprio audience? Ma soprattutto: che obiettivo ci si propone di raggiungere attraverso le attività di content?

I classici obiettivi di brand awareness, generazione di lead e costruzione della reputazione aziendale vanno bene, ma non sono sufficienti. Si deve andare più nello specifico, prendendo spunto da quello che viene segnalato dagli Analytics, in modo da impostare una content strategy coerente.

L’88% delle aziende B2B in USA fa #contentmarketing, ma solo il 32% ha una strategia

2. Chi sono i tuoi clienti?

Esistono moltissimi strumenti – primi tra i quali lo Strumento di Pianificazione delle Parole chiave di Google AdWords e Google Trends – a partire dai quali è possibile conoscere gli argomenti preferiti del proprio audience di riferimento. Non interessano, in questa fase, le caratteristiche socio-demografiche e psico-grafiche dei propri clienti, ma gli argomenti che ricercano, che leggono e che condividono.

Per poi definire con maggiore accuratezza le Personas, cioè i consumatori-tipo della propria azienda, è possibile ricostruire il comportamento-tipo di questi profili ideali di clienti attraverso l’analisi dei propri dati primari, ad esempio le categorie di un magazine di loro interesse in presenza di una newsletter targetizzata, oppure la tipologia di ebook o white paper scaricati, e molto altro. Questo metodo richiede però un maggiore investimento in termini di tempo e di risorse.

Per analizzare i contenuti di maggiore successo nel web, infine, è utile rivolgersi a BuzzSumo, un web software che è in grado di mostrare le keyword più ricercate in un determinato settore e vedere quali sono i contenuti più performanti.

Per una strategia di #contentmarketing individua gli interessi del tuo audience!

3. Cosa vogliono i tuoi clienti?

Con la pubblicità, e in particolare l’advertising online, si trasmette un messaggio a pagamento, che ha un particolare obiettivo di conversione, riferito a un’azione che un determinato target qualificato dovrebbe intraprendere.

Nel content marketing, invece, il “messaggio” deve essere percepito come qualcosa di valore e di utile dal ricevente, in quanto i meta-obiettivi di queste attività riguardano la creazione di brand awareness, l’acquisizione di fiducia da parte dei consumatori e, solo alla fine, l’incremento delle vendite.

Se i propri contenuti rispondono alle esigenze di ricerca dei clienti e risolvono i problemi che questi affrontano, c’è la forte possibilità che questi diventino “evergreen” posizionandosi con un alto ranking su Google. Sono quelle pagine che Copyblogger chiama “Cornerstore content”, una pagina fondamentale del sito web che serve ad attirare traffico e a direzionare l’utente verso altri contenuti di qualità interni al sito.

Non capire quello che desiderano i propri clienti può avere un costo molto alto, che si può riflettere anche nell’eventualità che ignorino i contenuti.

Il #contentmarketing deve creare un messaggio di valore e utile per l’utente

4. Quale mezzo di distribuzione utilizzare?

Avevamo dedicato due articoli sulle nuove forme di distribuzione dei contenuti, a partire da Facebook Instant Articles per arrivare a Snapchat Discover.

Ma alla base di tutto c’è il blog aziendale: il 45% dei marketer ritiene che il blog sia la parte più importante della content strategy, e il 69% prevede di aumentare l’uso del blog nel corso del 2016 (Fonte: Social Media Examiner).

Ma non si tratta solo di progetti editoriali: i video sono potenzialmente una parte molto importante del piano di content, considerato che rappresentano il 50% di tutto il traffico da mobile, e il 78% delle persone guarda video online ogni settimana (Fonte: Hubspot). Un altro trend molto interessante riguarda il live-streaming, di cui avevamo parlato nell’articolo dedicato a Periscope.

Ma è probabile che il proprio audience preferisca leggere questi contenuti in lunghi articoli del blog, o scaricando un PDF: la forma e il mezzo di distribuzione dipendono dunque dalle preferenze del target.

Facebook Instant Articles, Snapchat o Periscope? Dipende dalle preferenze del tuo target

5. Come misurare il successo?

È intrinseca nelle attività di content marketing la difficoltà di misurarne l’efficacia, soprattutto in termini di contributo al ROI. È importante monitorare le fonti di acquisizione di traffico, e poi impostare degli obiettivi di conversione su Google Analytics.

Ma, al di là degli obiettivi finanziari, è importante tornare alla prima domanda: il “perché” delle attività di content marketing definiscono con chiarezza gli obiettivi alla base, e saranno quelli che bisognerà misurare, con dei KPI dedicati.

Se ad esempio si vuole misurare il successo di una campagna di content collegata ad attività di email marketing, allora sarà necessario monitorare il tasso di apertura delle email, il tasso di download dei contenuti speciali, e altro.

Misurare le attività di #contentmarketing è una sfida, ma usare sempre #Analytics!

Solo con una piena consapevolezza legata a una chiara risposta a queste cinque domande si potrà sapere se le attività di content marketing possono aiutare efficacemente a raggiungere gli obiettivi di marketing dell’azienda. E solo così si potrà creare una content strategy che porterà veri risultati.

Per approfondire i risultati della ricerca del Content Marketing Institute, vi proponiamo di seguito la loro presentazione:

2 marzo 2016 Riccardo Coni

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