Il mondo del marketing, e più in generale del management, è sempre alla ricerca di modelli di riferimento che possano fungere da guida, da “pilastro” su cui basare la propria analisi e quindi la propria strategia. Lo sono state il modello delle 5 forze competitive di Porter, la Matrice BCG del Boston Consulting Group e le 4P del marketing, teorizzate da Jerome McCarthy. La funzione essenziale di questi strumenti risiede nel fatto che riescono a semplificare complesse realtà in semplici schemi visuali.
Esattamente come accade nel management, anche la User Experience, in quanto disciplina che fa largo riferimento alle proprie applicazioni nel marketing, non si distacca da questo precetto. Con il fine di disegnare, migliorare e ristrutturare la customer journey, gli user experience designer (UX Designer) facilitano il proprio lavoro attraverso l’uso di strumenti e modelli riconosciuti globalmente.
Riuscire a mappare dettagliatamente l’intera customer journey è un percorso particolarmente complesso, che deve tenere conto di svariati elementi e “dimensioni”. Di seguito un esempio di mappa della customer journey di Rail Europe, un vettore di trasporto su rotaia (premete sull’immagine per il dettaglio).
Per facilitarci in questo compito, o meglio per dare l’imprinting a questo tipo di analisi, può essere utilizzato un particolare modello denominato il modello delle 5 E, teorizzato da Lewis Lin, che aiuta nel mapping di questo complesso percorso. L’utilità di questo strumento risiede proprio nel suo approccio particolare: quando si parla di Customer Journey si pensa al classico modello di McKinsey; tuttavia, la mancanza di concretezza di questo strumento, lo rende difficilmente usabile su un piano pratico. Ecco che il modello delle 5 E ci viene in aiuto, aggiungendo una dimensione empatica, applicabile e concretezza.
Il modello, come detto, è una sorta di checklist da utilizzare nella fase di sviluppo e di mapping della customer journey dei propri utenti-consumatori. Essa è composta da 5 step distinti:
Letteralmente indurre, attirare, è la fase in cui i consumatori vengono avvicinati dal brand. Il designer deve rispondere alla domanda “come verranno a sapere del brand i futuri consumatori?” e “Che cos’è che innesca il loro interesse?”. Il passaparola, i social e le news sono i canali principali attraverso i quali le persone vengono a conoscenza di nuovi prodotti, brand e più in generale esperienze.
Caliamo questo tema nella concretezza, ecco un esempio magistrale di “entice”. Alzi la mano chi, nel periodo di Halloween, non ha sentito parlare di Stranger Things, e di conseguenza del brand Netflix?
Ovviamente non tutti i brand possono avere l’appeal di una azienda che fa entertainment, ma ricordiamoci sempre “If it can’t be intriguing, at least make it distinctive”.
Analizzare come i consumatori si comportano quando “entrano” in contatto con il brand è l’obiettivo di questa fase. Capire quale impressione facciano i touch point del brand sugli utenti è importante per poter migliorare l’esperienza. Pensare ai sensi coinvolti nel “contatto” con il brand può creare suggestioni per migliorarla. “Da che colore è contraddistinto il tuo sito?” “Che profumo è diffuso nel tuo punto vendita?”.
Invitare un proprio utente ad entrare a far parte di un’esperienza di brand può essere fatto in diverse modalità. I negozi fisici hanno certamente il vantaggio di creare delle esperienze maggiormente coinvolgenti, il perché va ricercato nel fatto che più sensi vengono coinvolti, rispetto alle esperienze digitali (pensiamo all’olfatto, sopracitato). Ecco che allora Apple costruisce i propri punti vendita facendoli somigliare sempre più a piazze, in cui i prodotti fanno da sfondo, e le esperienze sono protagoniste.
Una volta che i vostri utenti sono entrati in contatto con la vostra presenza è sostanziale, a questo punto, capire come interagiscono con la vostra esperienza di brand. “Come costruire una relazione tra brand e consumatore che possa mirare ad essere solida nel tempo?” ecco la domanda fondamentale da porsi a questo punto.
Ricordiamoci sempre che un consumatore ripete un’esperienza – soprattutto in ambito digitale – se questa è stata positiva. Ecco perché Amazon ha lavorato alacremente con il fine di snellire il più possibile il processo di acquisto, cercando di ridurre al minimo i passaggi per giungere all’acquisto.
Il numero di click per l’intero processo? Una volta selezionato il prodotto (ed essendo già loggati al sito), solo 4.
Non si può pretendere che il consumatore rimanga sempre a stretto contatto con il brand . È obiettivo di questa fase capire quale sia la sua ultima impressione. È chiaro che qui l’obiettivo sia lasciare il consumatore soddisfatto, non solo del prodotto, ma dell’esperienza d’acquisto in toto. Il check out di Uber, per esempio, è semplice e indolore: il pagamento avviene in automatico, come uscire da un’auto di un amico.
Qual è l’elemento che porta alla ripetizione di un acquisto? L’obiettivo di ogni brand è quello di creare fedeltà nei propri consumatori. Le modalità sono diverse. In primis il servizio post vendita, che deve garantire l’assistenza necessarie ai clienti. Ma chiaramente dipende dal prodotto. Chi vende prodotti non sostituibili cercherà di spingere la propria clientela a fare passaparola (tornando alla prima E – Entice). C’è anche chi, più maliziosamente, programma i propri prodotti affinché diventino obsoleti in un intervallo di tempo predefinito – pessima strategia per la reputazione del brand.
Ed ecco fatto. Il customer journey è mappato, i principali trigger sono stati evidenziati e siamo pronti per costruire una strategia coerente con questo viaggio. Cercare una dimensione concreta, che possa sposare la realtà in cui le persone e i consumatori vivono, è focale per il marketing di oggi. Un marketing sempre più orientato all’empatia, alla mappatura delle emozioni, come vero mezzo di ingaggio e trigger per la fedeltà al brand.
Fonti:
https://isaacjeffries.com/blog/2016/5/17/the-5-es-of-customer-journey
https://www.lewis-lin.com/blog/2016/11/11/customer-journey-map-the-5es-framework