La principale differenza tra il mondo reale e internet è che non siamo più noi a visitare il mondo, bensì è il mondo a visitare noi. Parola chiave: Google, e, successivamente, i social network. L’utente ha il mondo a portata di query digitate su Google, e ciò implica per le aziende la necessità di dare sbracciate e sgomitate per rimanere a galla ed essere in qualche modo visibili, ed indurre ad essere visti.
Per tutelare la qualità dei risultati delle proprie SERP, Google perfeziona nel tempo il proprio algoritmo, sempre teso a scremare i contenuti di scarso valore soprattutto se palesemente sviluppati al solo scopo di scavalcare il ranking.
Per garantire la qualità dei risultati nelle SERP, #Google perfeziona continuamente il proprio algoritmo
Parlando di Google, e di come interpreta le pagine web tramite il proprio algoritmo, possiamo dire che è vero tutto e il contrario di tutto, se poniamo una asse temporale a questo ragionamento. Il concetto e presupposto principe dell’era Google è sempre stata l’onestà concettuale dei contenuti presentati in SERP. Per Google, quindi, utente e contenuti ad esso rivolti sono re e regina di una scacchiera.
Il terzo elemento è sicuramente l’interazione fra questi due fondamenti, tramite il progresso tecnologico dei siti internet. Tutto ciò si traduce in un meccanismo perfetto atto a perpetuare questa sua perfezione, in termini di contenuti e tecnologia del sito.
Ecco che quindi che la SEO di un sito internet è un’attività di work in progress, ovvero un sito non è mai in ultima analisi definito e definitivo, se l’obiettivo è comparire sempre bene in Google, comparire sempre bene agli occhi dei visitatori favorendo un buon engagement ed una certa viralità.
Uno studio tra diversi fattori e la loro correlazione con un buon posizionamento in Google è stato effettuato recentemente da Brian Dean, fondatore di Backlinko, chiamato Search Engine Ranking Factors Study, conferma questo dinamismo aggiornando certi capisaldi che notoriamente hanno costituito ingrediente base della SEO.
Ricordiamo che una forte correlazione non indica necessariamente un reale fattore di ranking, ma il fatto che si presenti nella maggior parte dei siti analizzati e ben posizionati.
Una prima sorpresa è costituita dal tag title, che sembra avere una piccola correlazione fra la keyword esatta nel title e un buon ranking. È visto da Google più come un accessorio, dal momento che con la semantic search l’attenzione si è spostata decisamente sui contenuti. Questo non vuol dire comunque che si possa omettere il title, perlomeno pensando al fatto che comparirà in SERP (salvo alcune eccezioni) assieme alla meta-description. Il nostro consiglio è di scrivere dei title brevi ma descrittivi, e non meramente parole chiave secche.
Contenuti, contenuti, contenuti: di qualità e lunghi. Sembra che Google sia assetato del nostro sapere, come in film di fantascienza. Ci vuole impegnati, a sciorinare lunghi paragrafi di nozioni ad alto livello qualitativo, possibilmente verticale: è infatti dall’avvento di Hummingbird in poi che Google ha iniziato a capire meglio il topic di ogni singola pagina.
Chiaramente contenuti approfonditi e ben scritti (topically relevant) da autori competenti susciteranno maggior interesse anche da parte dei lettori e di conseguenza maggiori condivisioni sui social. Non stiamo più parlando quindi di contenuti infarciti di parole chiave, esche per i motori di ricerca i quali inquadravano grazie ad esse il focus della pagina.
Contenuti rilevanti e di qualità, meglio se lunghi: questo è ciò che #Google e l’utente apprezzano #SEO
Conseguenza strettamente correlata al maggior impegno da parte degli autori nello scrivere contenuti di più alto livello è una minore frequenza di rimbalzo da parte degli utenti registrata sui dati di traffico del sito, e proprio la bounce rate è attualmente uno dei parametri che Google considera maggiormente tra i dati a propria disposizione sulla user experience per determinare se un sito merita di essere indicizzato in top ranking.
Naturalmente un’immagine vale più di cento parole, e questo è un concetto che Google non dimentica. Ecco che contenuti corredati da almeno un’immagine si posizionano meglio in ranking oltre al fatto di generare maggiori visualizzazioni e condivisioni sui social, ed ottenere più link, ulteriore plus per il posizionamento. Non è dimostrata invece una stretta correlazione tra contenuti con più immagini (e non solamente una) ed una posizionamento ulteriormente migliore. Certamente un maggiore numero di immagini suscita apprezzamento a livello visivo da parte dei visitatori.
Le pagine con almeno un’immagine hanno molta più probabilità di essere alte in ranking #SEO
Attenzione al testo di ancoraggio a corrispondenza esatta cioè con anchor text contenente le esatte parole chiave per le quali si intende posizionarsi. Sebbene dallo studio di Brian Dean sia risultato che il testo di ancoraggio esatto è ancora molto efficace per il ranking su Google, questa tecnica avrà vita breve con le nuove release di Penguin.
Uno dei temi centrali emersi dall’analisi di Brian Dean è costituito da tre parole chiave parlando di fattori esterni al sito: Diversity, Link authority, Backlinks. Sono tre parametri, tre coordinate da amalgamare sapientemente in quanto prese in grande considerazione da Google per stabilire se un sito meriti di essere indicizzato in top ranking.
Diversity, Link Authority e Backlink: i fattori esterni sono i più importanti per il ranking su #Google
Queste sono delle evidenze emerse da uno studio empirico difficilmente generalizzabile, ma che sicuramente può fungere da guida per capire cosa viene considerato o meno da Google – almeno fino al prossimo aggiornamento dell’algoritmo – per scalare le proprie SERP. Come dicevamo all’inizio: onestà intellettuale, questo pare l’aspetto più importante.
Le evoluzioni del mondo della SEO sono costanti, ed è fondamentale essere sempre aggiornati. Continueremo a tenervi al passo attraverso i nostri approfondimenti.