Migrazioni di dominio e trasferimenti di URL: problema complesso, soluzioni non banali

Nella vita di un sito a volte può presentarsi un momento delicato: la necessità di trasferire in un nuovo dominio quanto accumulato in termini di visibilità dal vecchio, o anche semplicemente – all’interno dello stesso dominio – modificare radicalmente le URL a seguito di una ristrutturazione.
Vi sono molte ragioni, spesso esterne al tema SEO, che motivano una scelta di questo tipo: fusioni aziendali, modifiche al brand per ragioni di marketing, adozione di un nuovo CMS, ri-alberature funzionali al miglioramento dell’usabilità e via dicendo. Ve ne sono anche, per così dire, di interne al SEO: ad esempio forzare le URL a fini di posizionamento o, viceversa, rimediare a precedenti forzature che magari hanno creato problemi.
E’ auspicabile che nel 2007 siano pochi i colleghi che si arrischiano a usare la leva URL con leggerezza, anche se in SERP a volte si notano indirizzi con trenini di keywords che lasciano abbastanza basiti.

Insomma, un SEO spesso si trova di fronte alla richiesta/necessità di trasferire su un nuovo indirizzo o su nuove URL i risultati di visibilità raggiunti. Come fare?

La letteratura è abbastanza concorde sul protocollo da usare: redirezioni 301 (o 301-like) da URL vecchia su URL nuova. Lo sa il SEO e lo sa il cliente evoluto: non ci sono altre soluzioni, ed è vero. L’unica altra possibilità è lasciar fare al motore, ma è difficile che un modello di business fondato sulla visibilità accetti di buon grado il rischio di un crollo di traffico e affidi alla provvidenza o alla benevolenza degli dei della rete il proprio guadagno.

Il fatto che non esistano alternative per trasferire i fattori storici, reputazionali e quant’altro concorra ad un buon posizionamento non significa però che i risultati siano matematicamente garantiti.
E’ questo uno dei non rari momenti nel SEO nei quali grammatica e pratica non si sostengono a vicenda, e i risultati mostrano un grande tasso di variabilità.
A volte tutto fila liscio, a volte i posizionamenti (e di conseguenza il traffico da motori) crollano, altre volte ancora inizia un periodo di variabilità con andamenti sinusoidali che continuano per settimane o mesi, come se il sito ripartisse quasi da zero.

Anche casi apparentemente simili mostrano risposte diverse da parte del motore, ed estrarre regole è particolarmente difficile perché non è possibile – o comunque è estremamente oneroso – fare test di laboratorio sensati. La scientificità dei test è erosa da tempo dalla complessità dei fattori in gioco e dalla difficile isolabilità del singolo fattore.

Quindi? Che fare? 301, sedersi sulle mani e pregare?
Non proprio, non sempre, non solo.

I trasferimenti di dominio e/o di URL non sono una attività banale e le scelte vanno fatte in base allo scopo che si vuole ottenere, tenendo presente che non esistono 2 siti uguali e, anche se esistessero, uno sarà sempre più uguale dell’altro.

IP, coinquilini nell’IP, prestazioni del server, fedina penale dell’owner, curva storica di incremento della Link Popularity, trust, tematizzazione, link in uscita, attitudine alla spiderizzazione, solo per citare alcuni dei fattori off-page noti, concorrono a formare l’immagine di un sito agli occhi dei motori.
A volte con la redirezione il motore resetta completamente o parzialmente l’immagine.
Un reset totale può essere una disgrazia o una opportunità, una rinascita su basi nuove e più solide. Se un sito ha avuto e/o ha vita travagliata per eccesso di interventismo SEO o per cattive vicinanze potrebbe essere vantaggioso favorire un reset e il conseguente deep crawling, posto che si siano bonificate in profondità le pagine e si sia sicuri dell’aderenza alla policy, in modo particolare per quello che riguarda i link in uscita.

Evitare il reset totale di immagine o favorirlo è una scelta in base alle circostanze. Muovere una sola leva (le URL) rende meno probabile il reset, muoverne molte tendenzialmente lo favorisce. Quindi se nei title ricorre il nome dominio – ed è “solo” il nome dominio che cambia – si deve considerare che agli occhi dei motori cambieranno contemporaneamente sia tutte le URL che tutti i title, ed è quindi più probabile andare incontro ad un reset con tutto quello che questo comporta, non ultima la plausibile flessione del traffico.
Se questa flessione è valutata intollerabile potrebbe essere vantaggioso cambiare i title per gradi, adeguandoli alla versione definitiva prima della migrazione di dominio, lasciarli assorbire e muoversi solo successivamente.

In ogni caso, è importante preparare la migrazione di dominio e/o di URL con una serie di attenzioni alla struttura e ai fattori wide-site, analizzando in profondità le caratteristiche del sito e intervenendo per tempo, prima della migrazione. E’ buona pratica infatti ridurre al minimo indispensabile le attività di fine-tuning durante il primo assorbimento successivo al trasferimento, e non muovere quindi la nuova immagine del sito durante la sua prima formazione.

Alcuni spunti sulle aree di intervento:

Migliorare la spiderizzazione e controllarla con metodo se non si è mai fatto prima.
Si può usare un emulatore di spider per mappare il sito e confrontare il risultato con le pagine presenti nel DB del motore. Ne mancano alcune? Perché? Rimuovere le barriere, avvicinare le pagine bisognose alla homepage, fornire rampe (link) per gli spider per permettergli una navigazione completa dell’intero sito.

Inserire tutti gli aspetti qualificanti.

  • robots.txt: è bene ci sia, anche se si è deciso di lasciare tutto il sito aperto.
  • gestione corretta del 404: controllare che l’header restituisca effettivamente status code 404. A volte – specialmente nei server microsoft – la pagina restituisce in realtà un 200 per la pagina di errore personalizzata, se implementata per la via breve.
  • sitemap.xml – fondamentale per pilotare e monitorare l’assorbimento, ti dice i problemi nell’attimo in cui si manifestano, prima cioè che l’immagine errata si fissi. Il pannello sitemap (webmaster tools di Google) andrebbe controllato ogni giorno, assieme al primo caffè della mattina.
  • mappa html: locazione ideale per le rampe dedicate agli spider, possibilmente ad un solo click dalla homepage, nel caso dia fastidio in SERP valutare un NOINDEX, FOLLOW.
  • bonificare le dangling pages, se presenti: sono pagine prive o con scarsa webness, che non tramano, non fanno struttura, inutili al posizionamento e che abbassano la qualità media. Ad esempio i percorsi preventivo che disorientano anche nel caso fossero posizionati.
  • valutare che fare con i pdf e i doc (rtf ecc.). Personalmente sono contrario alla loro presenza in SERP: hanno rendimenti scandalosamente bassi anche se ben posizionati, tempi di caricamento inaccettabili, generano popup con richieste di aggiornamento del reader e sono candidate quindi ad essere contemporaneamente pagine di entrata e di uscita. Ottima pratica è trasferire i contenuti in html e lasciare il pdf (sterilizzato per gli spider) per il download.

 

In una parola: va fatto ogni sforzo per migliorare i fattori wide-site e la qualità media delle pagine.

Particolare cura devono avere le pagine posizionate e fonti di traffico: il contenuto deve rimanere almeno lo stesso, ma possibilmente deve essere migliorato e reso ancora più in-topic. E’ abbastanza normale infatti che in occasione del trasferimento vi sia una concomitante espansione dei contenuti, con una potenziale diluizione del tema.

Infine, ma decisamente importante, usare robusti corroboranti di Link Popularity: qualche link esterno pesante a volte può fare la differenza tra il successo e il disastro, e in ogni caso può abbreviare il periodo di transizione.

Malgrado le attenzioni e le cautele è possibile vi sia comunque un certo calo nel traffico da motori, tanto più lieve e di durata più breve quanta più attenzione e cura si sarà posta alle fasi preliminari alla migrazione.

26 luglio 2007 Piersante Paneghel