Risposta aperta a Vittorio Zambardino

Questo post vuole essere una risposta aperta alle valutazioni che Vittorio Zambardino – responsabile strategie internet presso il Gruppo Editoriale L’Espresso – fa oggi su Scene Digitali a proposito dello studio su quotidiani online e motori di ricerca che abbiamo pubblicato il 9 marzo scorso.

Premetto che nei giorni successivi alla pubblicazione abbiamo segnalato la ricerca via e-mail anche a chi cura la versione web dei quotidiani analizzati, proprio perché sappiamo quanto spesso il mondo del marketing nei motori di ricerca sia qualcosa di distante, anche per chi si occupa di web da anni.

Rispondo quindi puntualmente, come avrei fatto via e-mail in un’epoca pre-blog, alle valutazioni del Dottor Zambardino.

Gentile Dottor Zambardino,
mi fa piacere che abbia portato all’attenzione dei suoi lettori la nostra ricerca, e la ringrazio soprattutto per la puntuale recensione.
Procedo a risponderle punto per punto, ribadendo comunque che molte delle risposte sono già contenute nella sezione Premessa della ricerca stessa. In verità avrei preferito discuterne partendo da una posizione meno aggressiva da parte sua, ma ognuno ha il suo stile, si sa.

Riporto di seguito il contenuto del suo post e relativi chiarimenti.

La ricerca infelice di TSW

E’ uscita una ricerca a cura di TSW.it, società di Search Marketing, su “Quotidiani on Line e motori di ricerca”. Argomento di grande attualità, visto che i motori smistano una parte significativa di traffico web, e quindi ottimizzare il proprio sito con lo scopo di renderlo più visibile da chi usa i motori è argomento caldo sia per il Corriere della Sera che per il sito della shampista “Da Dina, Capelli pazzi – si eseguono piercing”.

Argomento di grande delicatezza: perché vi si incontrano – ed è un incontro difficile – due culture. Quella dei giornali – e in Italia si parla di aziende che da più di 12 anni investono e lavorano sui loro siti on line – e quella delle aziende di “search marketing” che dovrebbero attingere a conoscenze ed esperienze che per ovvie ragioni storiche e operative si pongono al di fuori delle aziende editoriali.

Sorprende quindi che la ricerca di TSW (che dovrebbe essere reperibile qui) sia molto lontana da quell’approccio professionale, il cui primo requisito è la conoscenza di ciò che si indaga, e il secondo è la proposta chiara di una via alternativa. Ma in questa ricerca il primo requisito, come vedremo qui sotto, non è soddisfatto, e il secondo è esposto con un fare minaccioso che nella migliore dele ipotesi significa “Sappiate che sarete giudicati in futuro” e nella peggiore con un vago sapore da ultimatum: “O fai ciò che ti dico, o sarai mal giudicato”. E’ un pensiero cattivo, da rifiutare, ma visto che TSW non è una società di indagini, ma vende i servizi di cui trova carenti i siti che analizza…

In cosa pecca la ricerca di TSW:

• il “campione” dei siti dei giornali adottato. Poiché si è proceduto tenendo da conto i dati di diffusione dell’edizione cartacea (e scusate: perché non i dati di audience web, che sono reperibili su internet?) ne restano esclusi i siti leader di più di un paese: è il caso della Spagna, dove non viene considerato El Mundo, che ha più di 10 milioni di utenti unici. Non viene presa in considerazione la Gran Bretagna, dove c’è il leader assoluto in Europa (anche grazie alla lingua), che è il Guardian . Per la Germania non si prende in considerazione Spiegel on Line, un leader indiscusso delle news in rete. E questo sarebbe niente.

La ricerca non si propone in nessun momento di dare una visione completa della realtà europea dei quotidiani online, e tanto meno di quella mondiale. Avremmo voluto estendere la ricerca anche ai quotidiani locali. E perché non ai settimanali? Ma come lei giustamente dice, non siamo un istituto di ricerca e abbiamo scelto di privilegiare la diffusione cartacea o casi riconosciuti come di eccellenza nel settore dell’ottimizzazione per i motori di ricerca – vedi New York Times. Per le prossime release, valuteremo la possibilità di rivedere il campione, accogliendo anche i suoi suggerimenti. Quindi, prima di considerare una scelta coerente un punto debole, parliamone.

• Quando gli autori si avventurano dentro l’esame dei giornali, dicono cose che dimostrano che la loro osservazione di quei siti si è limitata a uno o comunque a pochissimi giorni – e questo vale sia per Repubblica.it che per Corriere.it, Sole24ore e Gazzetta.it, i giornali italiani esaminati. Dire che sul sito di repubblica non vi sono le firme dei giornalisti web significa semplicemente non averlo guardato per più di venti minuti. Oppure affermare che “Le Monde” mette on line il giornale in formato pdf (il giornale che va in edicola) mentre Repubblica non lo fa, è un infortunio non male: visto che, esattamente come per Le Monde, questo servizio è li’ in pdf sulla home page.

• In una delle valutazioni del sito Repubblica si dice: “Non ci sono i forum”. Come dire, a Roma non c’è il Colosseo: i forum su Repubblica ci sono da 10 anni.

Sempre nelle premesse metodologiche, è specificato che la raccolta dei dati è avvenuta tra il 18 e il 30 gennaio 2007, prendendo in considerazione per ogni quotidiano l’edizione di un giorno specifico e considerando dove presente il fuso orario. Se ci sono delle imprecisioni siamo i primi ad avere tutto l’interesse ad andare a fondo, verificare e rettificare. Quanto ai forum di Repubblica, come ho già avuto modo di specificarle nelle comunicazioni che ci siamo scambiati via e-mail, è una evidente svista. Anche guardando il sito per un minuto, non venti, i forum sono visibili in home page.

Questi sono alcuni degli errori di merito, per non parlare del’impostazione maestrina e giudicante di tutta la ricerca.

Se mi spiega dove la trova maestrina e giudicante, le chiarisco entrando nel merito. Se l’ha recepita come tale, mi dispiace sinceramente, era esattamente il contrario di quello che volevamo comunicare. Tant’è che ci è stato rimproverato da più parti di avere rilasciato valutazioni troppo blande.

Non era meglio fare una indagine un po’ più attenta? Non era meglio,nel rispetto reciproco delle culture aziendali, proporre un approccio più dialogante? O si punta a costituire un “autorità” che annualmente dia i voti ai siti? Nel caso, non sarebbe meglio che lo facesse chi non vende i servizi di cui giudica?

Certamente era meglio fare un’indagine più attenta. E con più tempo e più mezzi. Non è un caso se ribadiamo sia sulla ricerca stessa che sul post che la presenta che attendiamo spunti per migliorarla. Non sono parole al vento, è una convinzione. Quanto all’approccio dialogante, è una chiara scelta quella di non contattare in questa fase le redazioni web dei giornali (anche questo aspetto è specificato nelle premesse). Ora abbiamo avviato una conversazione, mi auguro che segua con toni meno ‘pontifici’. Venendo alla domanda finale, vorrei capire, perché chi vende un servizio non può fare ricerca?

E come si fa a credere poi alle successive pagelle che vengono date ai vari siti, basate per la verità su pochi criteri, che solo la presunzione può far pensare che non siano noti a chi fa giornali on line?

In apertura c’è una sezione chiamata Glossario, proprio per venire incontro a chi non si occupa in modo professionale di marketing nei motori di ricerca. Ogni elemento analizzato – quali altri avrebbe considerato, dal momento che questi le sembrano pochi? – viene poi presentato con esempi nelle sezioni specifiche.

Il guaio è che ai ricercatori di TSW cade fra capo e collo un errore sul quale inciampano anche molti blogger – quello di pensare ai giornali come a “notiziosauri” privi di ogni competenza di merito. Mi capita spesso di discutere con blogger che mi dicono: ho esperienza di giornale, da ragazzo ho lavorato tre mesi all’eco dalla Val Sgurgola. Ecco, anche io da ragazzo ho aiutato mio zio pasticciere, ma non per questo vendo zuppe inglesi e sacher torte. Mai ignorare il duro cammino della professionalità: anche quando è imperfetto e sotto la lente di tutti, come accade al lavoro dei giornali ogni mattina che dio manda in terra.

Ecco, mi viene da pensare, non è che nostro malgrado siamo involontariamente finiti nell’antipatica e asfittica querelle tra blogger e giornalisti? Perché se così fosse, ci tengo a specificare caro Dottor Zambardino che me ne chiamo fuori. Totalmente e fermamente. Leggo ogni giorno con piacere notizie provenienti da quotidiani e notizie provenienti da blogger, perché considero che siano sempre più spesso complementari.

Di fatto i giornali italiani lavorano all’ottimizzazione come su molti alti fronti con investimenti di persone e denaro, certo scontando il punto di partenza di una industria che non essendo “technology focused”, deve superare al suo interno un ritardo.

Ma presumere di essere depositari di un sapere che non si detiene (e basta guardare la bibliografia e webografia allegata per rendersene conto), limitandosi a citare qualche blog e qualche articolo di giornale, è insieme un errore di presunzione e di ignoranza.

Mi dispiace contraddirla, ma quella che chiude la ricerca non è una bibliografia. Non è un caso che sia chiamata ‘Link utili’ e non bibliografia. Come ho avuto modo di ribadirle anche in privato, abbiamo scelto di continuare a segnalare ogni giorno altri link utili sull’argomento, sono visibili a tutti attraverso il servizio di social bookmarking delicious a questo indirizzo http://del.icio.us/TSW_SearchMarketing/LinkQuotidiani.
Riguardo al ritenersi depositari di un sapere, se mi permette, le assicuro che la nostra non è presunzione, sono esperienza e professionalità costruite giorno per giorno.

Oltre che di stile: visto che poi si chiede alle aziende menzionate di diventare clienti dell’autore della ricerca.

Le chiedo, avrebbe preferito l’ipocrisia?

Riapro quindi l’invito a lei e a tutti i lettori a continuare il confronto su questa ricerca, nella quale crediamo e che proprio per questo abbiamo scelto di condividere.

2 aprile 2007 Miriam Bertoli