Snapchat e nuove forme di distribuzione dei contenuti

Tra i trend del digital marketing nel 2015 avevamo accennato a come stia evolvendo la distribuzione dei contenuti: oggi, infatti, i contenuti passano (anche) attraverso nuovi strumenti di pubblicazione online. Eppure rimangono pressanti alcuni quesiti. Il sito internet è sufficiente? Da dove passa la maggior parte del traffico di qualità?

Ha senso pubblicare articoli solo sul blog aziendale, dove l’editore ha pieno controllo della piattaforma e non dipende da terze parti?

Fino a pochi mesi fa forse sì: l’importanza degli owned media era (è) centrale, ma si è aperta una nuova sfida, quella verso le piattaforme di distribuzione dei contenuti. C’è Facebook Instant Articles, a cui abbiamo dedicato un articolo, ci sono le varie app per mobile di News, e ci sono gli aggregatori – che però adesso ospitano soprattutto contributi originali – come Medium e Linkedin Pulse.

Nuove piattaforme di distribuzione dei contenuti: l’esempio di Snapchat

All’inizio per gli editori e per i siti internet era un rifiuto: nessun controllo sui miei contenuti? Utilizzo ancora il mio sito.

Ma vi sono nuove piattaforme di distribuzione dei contenuti che hanno un ruolo sempre più importante nello scenario digitale, quindi il risultato è che molti editori, brand e figure istituzionali li stanno iniziando ad utilizzare. La notizia più fresca è che persino la Casa Bianca ha iniziato ad utilizzare Snapchat.

casa bianca snapchat

Snapchat è una app che consente l’invio di messaggi, foto o video (della durata massima di dieci secondi) disponibili solo per 24 ore. Sta vivendo una crescita impressionante (nel 2015 ha più di 200 milioni di utenti attivi in tutto il mondo), ha un fortissimo engagement (il 65% degli utenti iscritti condivide contenuti) e ha un audience con una forte propensione all’acquisto online e alla connessione con i brand (Fonte: Statista). In Italia gli utenti attivi su base mensile sono solo 265.000, ma sono 134 mila in più rispetto al 2014 (Fonte: Audiweb Nielsen).

Per un excursus su tutti i dati su Snapchat, consiglio di vedere la simpatica infografica interattiva ‘How Big is Snapchat’.

Se avete ancora dei dubbi sull’efficacia di questo social che sta spopolando, qui un link utile sul perché i brand dovrebbero essere presenti su Snapchat.

Snapchat Discover è una sezione di Snapchat dove gli editori o i brand si possono affiliare, e proporre i propri contenuti presso l’audience degli iscritti a Snapchat. La visione è diversa rispetto agli altri social network: come afferma il team di Snapchat, “Social media companies tell us what to read based on what’s most recent or most popular. We see it differently. We count on editors and artists, not clicks and shares, to determine what’s important

snapchat discoveryCredits immagine: Snapchat su Youtube.

Come sono presentati i contenuti? In maniera dinamica: foto, video, testo ed emoji attraverso diverse tab, poi selezionati dal team di Snapchat. I risultati di questo esperimento sono stati molto positivi e, come riportato da We Are Social, mostrano la potenzialità di questo canale: Buzzfeed ha dichiarato che ben il 21% del traffico al proprio sito arriva da Snapchat, mentre Mashable ha registrato un’impennata del 24% in termini di visitatori unici dopo il suo lancio all’interno di Snapchat Discover.

Ma questa piattaforma non è appannaggio dei soli grandi publisher come Buzzfeed o Mashable. L’esempio di un publisher americano specializzato, Refinery29, ce lo fa capire: Refinery29 ha persino un team dedito alla produzione di contenuti appositamente per Snapchat, attivo tutti i giorni della settimana. Molti articoli selezionati del fashion magazine vengono rielaborati e resi fruibili su Snapchat nativamente: pochi secondi per mostrare in modo creativo come abbinare un outfit, che tipo di vestito utilizzare durante una serata, oppure per trasmettere in diretta alcuni momenti relativi a un evento fashion.

refinery29 snapchatCredits: Econsultancy

Vantaggi e rischi nell’utilizzo di media di terze parti

Perché sforzarsi così tanto per la pubblicazione di contenuti in un media non proprietario? Centra l’engagement, nel senso che i publisher tentano di inseguire i consumatori parlando con loro nei luoghi virtuali in cui si trovano.

Ma c’è un fortissimo rischio: quello che prima o dopo le piattaforme che ci “ospitano” decidano di cambiare le regole del gioco, e che non ci vada più bene stare alle loro condizioni.

Però c’è anche da dire che molte di queste piattaforme stanno allentando gradualmente la morsa nei confronti dei propri editori. Facebook Instant Articles, ad esempio, adesso permette l’inserimento di una pubblicità specifica per la piattaforma ogni 350 parole. Secondo le ultime novità, per gli editori è anche possibile inserire link personalizzati alla fine dell’articolo, in modo che questi possano portare traffico al proprio sito o ai propri sponsor.

Ok, quindi: le piattaforme vengono incontro alle esigenze dei publisher. Ma bisogna andare a vedere chi è l’utente finale: l’audience non è quello dell’editore, ma quello di Facebook o Snapchat. Sembra quindi che la tendenza sia quella di rendere gli editori e le aziende dei creatori di contenuti in outsourcing per Facebook e Snapchat.

Come risolvere il conflitto tra earned media e owned media

Come risolvere il conflitto tra sito internet proprietario e piattaforme di distribuzione dei contenuti? Una delle possibilità è: con il Cross-Channel Marketing. Gli editori e le aziende devono avere una presenza cross-canale, che passi innanzitutto attraverso il loro sito, e successivamente presso i canali dove possono trovare un audience selezionato e coerente con il proprio target.

L’altra possibilità è abbandonarsi alla mercé di Facebook e Snapchat sfruttando il trend del momento finché possibile. Nel frattempo, però, di sicuro occorre accettare che il buon vecchio piano editoriale si arricchisce di nuovi mezzi il cui utilizzo deve essere valutato attentamente e coerentemente con i valori del brand, mantenendo sempre un buon equilibrio tra i contenuti pubblicati nei media proprietari e non.

25 gennaio 2016 Riccardo Coni