Test di usabilità: quando e perché utilizzare think aloud, eye-tracker e GSR

Scoprire i perché del comportamento dell’utente: come il think aloud, l’eye tracker e la GSR possono aiutare a progettare esperienze di successo

 

Test di usabilità con facilitatore

Il comportamento del partecipante è indubbiamente ciò che si cerca di comprendere all’interno dei test di usabilità. Di fatto è il motivo principale per il quale si svolgono user testing. Però di certo non è l’unico. Il comportamento ci dà informazioni su cosa sta accadendo. Ma spesso non riesce a fornirci indicazioni sul perché.

Capire il “perché” di certi comportamenti ci permette di progettare esperienze basate sui bisogni e sulle aspettative delle persone. E ci evita la malaugurata condizione nella quale siamo costretti a rimodellare all’infinito il nostro prodotto e servizio, fino a quando non raggiungeremo la soddisfazione del cliente.

Per avere informazioni sul “perché” bisogna ricorrere al “think aloud”. Il “think aloud” è una tecnica utilizzata nei test di usabilità che prevede di chiedere ai partecipanti di verbalizzare ad alta voce ciò che stanno pensando durante l’utilizzo di un prodotto o di un’interfaccia. In altre parole, le persone sono invitate a esprimere i loro pensieri, sensazioni e reazioni mentre interagiscono con l’interfaccia, in modo da rendere espliciti i loro processi decisionali e le difficoltà che incontrano.

Test di usabilità - Think aloud

Questa tecnica permette ai ricercatori di comprendere meglio le motivazioni e le esigenze degli utenti. Inoltre, la verbalizzazione dei pensieri consente ai ricercatori di avere una migliore comprensione dei processi cognitivi che sottendono all’utilizzo di un prodotto e di identificare i punti di forza e di debolezza dell’interfaccia.

Esiste inoltre un aspetto, non certo secondario, legato all’efficacia della comunicazione. È diverso vedere un tentennamento (riscontrabile a livello comportamentale), rispetto a sentirsi dire “non ho idea di cosa devo fare” (riscontrabile con il think aloud). E non si tratta solo del contenuto, ma anche della modalità di esposizione. Tale elemento è particolarmente rilevante che in TSW preferiamo sistematicamente far vivere l’esperienza delle persone in tempo reale al nostro cliente. Questa dinamica aiuta tantissimo a far rendere conto della caratura del problema e del livello reale di soddisfazione del proprio pubblico.

In questo scenario, si possono aggiungere ulteriori strumenti, derivanti dal mondo delle neuroscienze, che hanno come caratteristica principale quella di essere oggettivi. In particolar modo i più utilizzati nei test di usabilità sono indubbiamente eye tracker e GSR.

L’eye tracker è uno strumento che ci permette di capire il comportamento oculare delle persone all’interno di una pagina web e ci permette di prendere scelte oggettive sulla posizione, sulla visibilità e sulla comprensibilità degli elementi in pagina. Capire il pattern oculare, capire cosa viene effettivamente visto e cosa invece non viene processato, ci permette di strutturare un’esperienza fluida e dare risalto agli aspetti davvero distintivi.

La GSR o Galvanic Skin Response invece è la risposta galvanica della pelle e viene utilizzata per misurare l’attivazione emotiva delle persone durante l’utilizzo di un prodotto o di un’interfaccia. L’utilizzo della GSR nei test di usabilità consente ai ricercatori di identificare le situazioni o le funzionalità del prodotto che provocano maggiore attivazione emotiva negativa o positiva, fornendo indicazioni utili per migliorare l’esperienza e la soddisfazione complessiva delle persone con il prodotto.

Test dell’esperienza in TSW

Oltre a tutto quanto sopramenzionato, in TSW ci impegniamo per ampliare il significato di test di usabilità. E cerchiamo di farlo coinvolgendo da subito tutti gli stakeholder interni dell’azienda, facendo vivere in un’altra stanza in tempo reale l’esperienza dei loro clienti. Questo da una parte permette di comprendere cosa accade in realtà nei loro siti, e le difficoltà che incontrano i loro clienti, come anticipato nel think aloud. Ma nel contempo permette anche di affinare le domande in tempo reale. Infatti, il facilitatore è sempre collegato ad un altro collega e può permettersi, in tempo reale, di approfondire tematiche emerse che prima non erano state considerate.

Ma non si tratta solo di questo. L’approccio utilizzato è quello di considerare l’esperienza nella sua complessità e non solo come singolo touch point. Questo ci permette di avere maggiori informazioni sulla relazione che c’è tra cliente e brand e soprattutto ci permette di capire in che contesto si inserisce il nostro prodotto o servizio. Questa condizione genera inevitabilmente ragionamenti su nuove opportunità di business che involontariamente emergono dai bisogni dei nostri utilizzatori.

Non da ultimo è da sottolineare che affinché un test sia efficace, non dovrebbe limitarsi ad evidenziare i problemi, ma dovrebbe anche proporre delle ipotesi di soluzioni a questi problemi. Per questo motivo in TSW abbiamo un team di experience design che aumenta il valore delle attività che svolgiamo fornendo già delle ipotesi di soluzioni, basandosi su tutti gli elementi che test, think aloud, eye tracker e GSR ci hanno fornito.

Concludendo, è utile evidenziare che tutti gli elementi citati sono di fatto degli strumenti. Gli strumenti costituiscono la nostra cassetta degli attrezzi. Dovremo, noi esperti, essere bravi a capire perché ha senso usare uno strumento piuttosto che un altro, o una combinazione di questi. E soprattutto, una volta utilizzati, far vedere qual è il risultato che hanno generato da un punto di vista di insight. Solo in questo modo si riuscirà a portare la cultura degli strumenti dei test di usabilità nell’azienda.

7 giugno 2023 Christian Caldato

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TAG: user testing neuromarketing eye tracking test usabilità customer journey experience design