Interviste Pt.1: Customer Journey e strategie di brand

Il percorso che ci porta dal primo contatto con la comunicazione di un’azienda fino all’acquisto di un prodotto o servizio è un’esperienza omnicanale che si articola in diverse fasi o touchpoint. Le strategie di marketing dei brand sono sempre più focalizzate su una diversificazione degli investimenti, dall’offline al digitale, per cogliere i punti di contatto più efficaci sui quali investire allo scopo di intercettare nuovi utenti e fidelizzare i consumatori.

Su quali canali, dunque, investire maggiormente? Cosa influenza la decisione d’acquisto?

In occasione delle edizioni 2016 di Brandy e Automotive Marketing Forum abbiamo intervistato e messo in parallelo i CEO, responsabili marketing e brand manager di alcune delle aziende più importanti protagoniste dei due eventi. Da multinazionali come Fiat, Heineken, Diesel, Boffi e Twinset Simona Barbieri ad aziende integralmente digital come Blablacar.it e Supermercato24.it, fino a punti di vista complementari come quelli di Fashion Magazine, Quintegia Academy, Arduino e Brera Design District.

Più consumatore, meno prodotto: la visione di 3 brand multinazionali

La brand awareness serve a poco senza engagement. Secondo Nicola Giorgi (DIESEL, Vice President Global Marketing) il focus va spostato dal prodotto al consumatore: se lo span di attenzione dell’utente medio è sceso a 3 secondi, bisogna lavorare su quei 3 secondi per trasformare l’awareness del marchio in interazione, catturare il potenziale cliente coinvolgendolo. Mentre il digital ha portato nuovi modi per creare queste conversazioni, la stampa lavora poco per agganciare il consumatore e continua a costare troppo. Dove investire per costruire engagement e conversazioni? A dispetto dei tradizionali strumenti di customer journey, social media e programmatic advertising funzionano molto bene, quando l’obiettivo è assolutamente mirato sul consumatore.

Per Cristina Gusmini (HEINEKEN, Group Brand Manager) le fasi del customer journey sono strettamente legate alle fasi di vita del brand, con investimenti differenziati se la necessità è quella di creare awareness o se bisogna convertire la visibilità già acquisita in vendite vere e proprie.

A monte, la chiave di ingresso sono tutti quei contenuti media che possono ispirare il cliente e suggerire un’idea alternativa di prodotto, finalizzata a valle presso il touchpoint del concessionario. Ettore Pianca (FIAT – FCA Italy, Marketing & Communication Manager) pone quindi l’attenzione sui due estremi del funnel e sottolinea come gli investimenti delle case auto si stiano decisamente spostando sul momento iniziale del processo di valutazione svolto dagli utenti.

Acquisition forever: web company vs. aziende storiche

Mai dare per scontato un cliente, nemmeno se fidelizzato. Per Maria Fossarello (BLABLACAR.IT, Marketing Manager) i touchpoint irrinunciabili sono quelli che permettono un’interazione diretta con gli utenti (social, ma anche chat e email). Molte aziende gestiscono separatamente la relazione con l’utente sul proprio website (quindi già approcciato) dal marketing inteso come comunicazione volta ad intercettare nuovi clienti: è invece importante per un brand la continuità fra ‘comunicazione customer care’ e ‘comunicazione prospect’, perché la loyalty va curata e non garantisce che un cliente lo sarà per sempre. Per una strategia di acquisizione che non trascuri alcun momento del rapporto col cliente i social media presentano diversi vantaggi. Oltre al fatto che ormai si riescono a toccare audience più ampie su Facebook che non con una campagna TV, le caratteristiche del formato social sono ideali perché portano alla conversione in modo immediato, collegando direttamente la strategia di marketing al ‘luogo’ di acquisto del prodotto.

In un certo senso, il touchpoint social media è più vicino sia al consumatore (in tasca, nello smartphone) che al punto conclusivo del funnel di vendita. Anche per Alessandro Varisco (TWINSET SIMONA BARBIERI, CEO) è fondamentale seguire il cliente per tutta la vita del prodotto, trovando le giuste modalità d’interazione per ogni touchpoint.

Il punto di vista di Roberto Gavazzi (BOFFI, A.D.) è quello di un’azienda d’eccellenza fondata nel 1934 e pronta a riconvertirsi al digitale. Una cucina di alta gamma è un prodotto complesso e implica una decisione d’acquisto ragionata, con una lunga fase in cui il cliente si informa: un esordio fondamentale per i brand che vogliono instaurare un dialogo con l’utente che va poi coltivato sulla base delle soluzioni proposte in ogni fase.

Enrico Pandian (SUPERMERCATO24.IT, CEO) gestisce invece un’azienda nativa digitale che trova la maggior fonte di conversione nell’utente che ricompra un prodotto già acquistato in precedenza. Alla fidelizzazione dei contatti attivati si affianca l’esigenza di far arrivare all’utente il lancio di nuovi prodotti, per l’online una missione molto diversa da quella del supermercato che può esporre a scaffale le novità: dal packaging passiamo così a una logica di storytelling che deve svilupparsi anche dopo che il prodotto finisce nel carrello.

Prometto, mantengo, ripeto: customer experience fra moda, design e microteconologie

Secondo Marc Sondermann (FASHION MAGAZINE, CEO – Editor in Chief) ogni touchpoint può essere suddiviso nelle due fasi del promettere e del mantenere. Ad ogni step bisogna capire il target specifico con cui stiamo interagendo e scegliere i media adatti a veicolare il nostro messaggio. Escludere a priori un canale sarebbe manicheo, meglio concertare. La carta stampata ad esempio va bene per i contenuti di approfondimento o quando c’è grande credibilità; ad ogni modo è ormai una piccola parte del mix. Gli influencer sono l’altro estremo, vicini al vissuto del consumatore, ma vanno coordinati con tutto quello che c’è in mezzo, dai video ai post ai backlink al blog.

Dalla moda al design, Paolo Casati (BRERA DESIGN DISCTRICT, Curatore) sottolinea che la parte fondamentale del customer journey è quella legata all’esperienza e alla capacità di creare una relazione con l’utente nella fase che precede l’acquisto. Il web da la possibilità di incrociare piattaforme proprietarie ed esterne per raccontare il prodotto e mettere in dialogo gli utenti, mantenendo l’equilibrio fra la verticalità sul proprio settore e lo sviluppo di network. Per chi opera sul territorio, in un’epoca di smaterializzazione torna ad essere centrale il luogo fisico come terreno riconoscibile di confronto col pubblico.

L’approccio al customer journey di Massimo Banzi (ARDUINO, Founder) è focalizzato sull’integrazione tecnologica fra l’esperienza digitale e quella fisica. Oggi i brand hanno la possibilità di tracciare i percorsi e capire ad esempio dopo che una persona si è informata online dove prosegue la sua ricerca e come si rapporta alla comunicazione in-store. Un ponte fra virtuale e materiale sempre più concreto, che consente di monitorare anche gli step successivi all’acquisto per analizzare come interagiamo con spazi e messaggi pubblicitari.

Un’integrazione tecnologica alla quale deve corrispondere la convergenza delle attività di business digitale, come riportato da Giorgio Soffiato (QUINTEGIA ACADEMY, Relatore). Social media, ottimizzazione organica e a pagamento sono per i brand i principali ambiti di investimento, quando forse sarebbe più conveniente diversificare rispetto ai competitor e puntare sulle attività di conversion rate optimization attraverso ad esempio landing page, lead nurturing e CRM, portando gli analytics a una dimensione di business intelligence.

La serie di interviste doppie ha affrontato anche i temi dell’analisi e dei big data (quali sono i dati più interessanti relativi al comportamento degli utenti?), del marketing mix (digitale vs. offline: dove il maggior ritorno degli investimenti?), dell’integrazione fra retail e online commerce e dello storytelling scelto dai brand (emozionale vs. informativo).

16 dicembre 2016 Andrea Gastaldon