Neuromarketing per il Marketing: workshop UCL

Come ogni nuova metodologia di ricerca, anche il neuromarketing necessita di verifiche ed autenticazioni, di chiare definizioni, di documentazioni e precisazioni statistiche per qualificarne l’attendibilità e la validità. Nel 2010 Neurostandards Collaboration Project ha condotto un progetto per definire gli standard delle ricerche auspicando l’integrazione delle tradizionali ricerche di marketing con le più recenti metodologie delle neuroscienze. TSW ha inserito questa integrazione nella sua attività quotidiana, sia di ricerca sia di applicazione concreta.

Sarebbe una scelta poco saggia da parte dei comunicatori quindi non approfondire neuromarketing e scoperte innovative dell’economia comportamentale: il contributo che possono avere sulla creazione di video e visual efficaci, per esempio, è tutt’altro che trascurabile e oltretutto verificato. Le misurazioni qualitative che offre, soprattutto all’inizio del processo creativo, permettono di identificare opportunità e/o punti di debolezza dei messaggi, dei contenuti e dei momenti chiave di impatto del brand con il proprio target.

Per approfondire ulteriormente i confini della validità e dell’attendibilità del neuromarketing, ed esplorarne il potenziale a livelli sempre più profondi, abbiamo partecipato al Neuromarketing Workshop organizzato dalla UCL, University College of London, una delle migliori Università del mondo.

Esplorare il potenziale

Trascorrere una giornata con i ricercatori del cervello alla sede di Psicologia Sperimentale della UCL  è un ottimo modo per verificare come i recenti progressi nel campo delle neuroscienze vengano applicati con successo allo studio del processo decisionale del consumatore, differenziando buon livello di scienza dalla tanta diffusa “pseudoscienza” del neuromarketing (a riguardo è interessante l’articolo di Sian Townsend sul Guardian sul perché la gente crede incondizionatamente alle pseudoscienze).

L’obiettivo del workshop era appunto esplorare le reali potenzialità delle neuroscienze applicate al marketing per condurre ricerche efficaci, evidenziando i requisiti di metodologia scientifica, di strumenti tecnologici e di costi. Decisamente un passaggio di paradigma da “Neuroscienze come Marketing” a “Neuroscienze per il Marketing”, esaminandone sia le potenti possibilità sia le limitazioni dei più recenti metodi delle neuroscienze applicate al comportamento del consumatore.

Lo strano caso della risonanza magnetica sul salmone atlantico

Abbiamo imparato molte cose, ma tra tutte ci sembra interessante riportare un esperimento in particolare, che deve essere da monito nell’applicazione delle conoscenze di cui disponiamo e nella lettura dei dati.

Data per assodata la validità degli strumenti delle neuroscienze e del metodo scientifico (in particolare la ripetibilità della ricerca in altri studi e la distinzione tra correlazione e causalità), e considerando l’interesse diffuso del pubblico riguardo gli argomenti correlati alle neuroscienze, vogliamo introdurre il famoso caso del salmone atlantico sottoposto a Risonanza Magnetica. Due neuroscienziati Craig Bennett, dell’Università di California, e Abigal Baird del Dartmouth College, hanno effettuato un classico studio di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per visualizzare l’attivazione del cervello durante la visione di foto di situazioni sociali con una specifica valenza emozionale, identico alle procedure usate per canonici esperimenti con soggetti umani, al sopracitato salmone. Morto.

La risonanza magnetica funzionale (fMRI) è un potente strumento che ci permette di catturare una quantità incredibile di informazioni su ciò che accade nel nostro cervello. È relativamente nuovo – i neuroscienziati hanno iniziato ad utilizzarlo nei primi anni 1990 – e produce immagini colorate che aiutano a portare maggior comprensione del funzionamento del cervello al grande pubblico.

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Lo studio ha mostrato risposte diverse dell’attività cerebrale del salmone con il variare delle foto delle diverse situazioni sociali ad impatto emozionale misurate con fMRI .

Possiamo concludere che il salmone è coinvolto nel compito sperimentale nel riconoscere situazioni sociali “umane”? Certamente no. Molto improbabile che il cervello di un salmone possa svolgere questi compiti, essendo morto e quindi certamente senza attività cerebrale alcuna.

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Come si nota dal paper della ricerca, i neuroscienziati sostengono inoltre che la stragrande maggioranza degli studi fMRI dovrebbe utilizzare correlazioni comparative multiple come pratica standard nel calcolo delle loro valutazioni. La ricerca di Bennett e Baird – che ha recentemente vinto un Ig Nobel Award 2012   – aveva lo scopo di mostrare come facilmente gli scienziati possono trarre in inganno se stessi e perché le statistiche ben fatte sono di vitale importanza.

Cosa tenere sempre presente

  • Le immagini del cervello umano aiutano rendere la scienza più comprensibile, ma possono anche essere incredibilmente fuorvianti quando il pubblico non ha idea di quello che le immagini mostrano.
  • Accumulare grandi quantità di informazioni è utile, ma rende anche più facile concludere falsi positivi – coincidenze di possibilità che assomigliano a qualcosa di molto più importante. Quindi, per dimostrare vera un’ipotesi con metodo scientifico dobbiamo utilizzare strumenti validi e validati, multiple correlazioni di diverse misure, sia quelle provenienti dalle neuroscienze, sia quelle qualitative del marketing tradizionale.

 

Non dimentichiamo poi della ripetizione dello studio per poter generalizzare i risultati.

Gli strumenti delle neuroscienze hanno il vantaggio formidabile di espandere notevolmente la nostra comprensione del corpo umano, ma questo significa anche che dobbiamo sviluppare nuovi standard metodologici in modo che diversi studi che utilizzano lo stesso strumento possano effettivamente essere paragonati l’uno all’altro.

Non possiamo più fidarci di nulla?

Certamente non vogliamo intaccare la fiducia nella scienza, anzi, vogliamo migliorare le metodologie e l’attendibilità delle conoscenze che ne derivano. Il bello del metodo scientifico è che si corregge da solo: se qualcosa è  consistentemente vero o falso, prima o poi gli esperimenti lo dimostreranno, confermando e/o confutando. Noi siamo profondamente consapevoli che per raggiungere questa potente integrazione tra neuromarketing e marketing, non è sufficiente avere gli strumenti, serve anche abilità nel leggere ed interpretare i dati, ma sono fondamentali esperienza sul campo ed esperienza in laboratorio: a tutti i livelli, in tutte le sue sfumature e con estrema costanza e curiosità.

28 giugno 2016 Simona Carniato

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TAG: neuromarketing eye tracking