Più di 5 mesi fa, durante i saluti per le vacanze di Natale, Miriam ci chiese quale sarebbe stata la “parola chiave del 2007”. Io risposi: video. Una risposta un po’ banale e scontata, considerando che YouTube era da poco passato sotto l’egida di Google, o che i creatori di Skype erano già da mesi al lavoro sul Joost, uno dei più importanti progetti di Web TV.
Ma paradossalmente, nel pieno della rivoluzione del WEB 2.0, dove i rich media sembrano dominare il web, il futuro del caro vecchio testo online è più roseo che mai.
I motivi sono semplici e sono caratteristiche intrinseche del testo, che può essere:
..oltre che: taggato, categorizzato e ritrovato più facilmente e velocemente di immagini o contenuti audio video.
Anche al recente Search Engine Strategies di New York, nel panel dedicato all’ottimizzazione dei video online la parola d’ordine era: testo.Testo di qualità per il titolo, per la descrizione, per i tag e i commenti degli utenti, che si auspica inseriscano del buon testo.
Vero è che siamo nel 2007, e che la maggior parte degli utenti dispone di connessioni a banda larga e di computer sufficientemente performanti per riprodurre audio/video in maniera soddisfacente. Una situazione che ha spinto molti editori online a veicolare i loro messaggi tramite i rich media, convogliando in un unico formato esperienza visiva e narrativa.
Esperti di usabilità e di scrittura online hanno però riscontrato nei loro test un certo grado di frustrazione negli utenti, che durante la fruizione di un video faticano a trovare la parte del messaggio che interessa loro di più. Lo stesso si può dire dei podcast che, mancando di un supporto visivo, rischiano di far perdere il filo del discorso, costringendo a noiosi avanti-indietro.
Ma la fruizione “passiva” è una delle caratteristiche principali di questi media che, se paragonati al web, offrono un livello decisamente inferiore di accesso, scelta e interazione con i contenuti. Una situazione che viene riscontrata sia in servizi ancora fase di beta testing come il già citato Joost, sia in servizi più collaudati e già aperti al grande pubblico.
A parlare sono i dati di interazione di alcuni principali siti cosiddetti Web 2.0. Infatti secondo una ricerca condotta da Bill Tancer di Hitwise (società di marketing intelligence) la partecipazione attiva, intesa come upload di contenuti multimediali, è ancora molto bassa. Si calcola infatti che:
Una critica mossa nei confronti di questi dati è che, soprattutto nel caso dei primi due, non si tenga conto dei commenti, dei voti, dei tag e di tutti gli altri elementi interattivi che esulano dall’upload diretto di contenuti.
Viene da pensare però che voti, commenti e tag non siano altro che elementi testuali atti a valutare, criticare e catalogare con le parole i contenuti audio/video e le immagini, che, se fossero presi singolarmente, avrebbero un valore decisamente diverso.
Credo quindi che difficilmente vedremo il testo sostituito nel breve periodo, mentre è invece molto più probabile che si rafforzi questo rapporto con i rich media, a cui serve ancora del tempo per raggiungere il livello di integrazione raggiunto in questi anni dal testo online.