Lo shoppable content sta stravolgendo il retail

Le persone non vogliono prodotti, vogliono storie. Le persone non vogliono realmente acquistare, vogliono emozionarsi. Le persone non vogliono pubblicità invasive, vogliono contenuti. Però l’obiettivo di marketing di qualsiasi azienda dovrebbe essere portare le persone all’acquisto dei propri prodotti e servizi, no? Infatti. E se ci fosse un modo per legare direttamente i contenuti all’acquisto? Ecco, un modo esiste: è lo shoppable content.

Lo shoppable content è un modo per i brand di offrire collegamenti diretti a prodotti acquistabili all’interno dei loro contenuti. Viene utilizzato relativamente da poco, ma con i cambiamenti del comportamento dell’utente, che si informa e compie i propri acquisti sempre più da mobile, sta acquisendo una rilevanza via via maggiore e mostrando il suo grande potenziale, tanto che secondo CMO potrebbe portare un’innovazione disruptive nel retail.

L’approccio content non può dipendere solo da un approccio commerciale. Un bravo content editor, infatti, deve essere in grado di percepire cosa vuole leggere l’utente consumer, e soprattutto quando e dove vuole leggerlo. Bisogna essere competenti (certo), ma soprattutto sinceri. Capire la volontà dei consumer significa togliersi di dosso la propria maschera quotidiana e calarsi nella vita delle persone. Significa essere in grado di raccontare storie vere, far percepire la realtà delle cose.

Quando i contenuti sono performanti all’interno del customer journey?

L’azienda deve in ogni modo mostrarsi umana e parlare alle persone e con le persone. Tutti gli elementi di comunicazione scelti per la propria campagna – dalle parole alle immagini, dalle sfumature dei colori scelti al tono di voce usato negli storyboard per i video – devono fare questo: il contenuto gioca il ruolo di protagonista in tutto il processo di customer journey, perché è dal contenuto che l’azienda può raccontarsi ed è dal contenuto che le persone possono emozionarsi.

L’azione d’acquisto online è strettamente correlata all’esperienza immersiva e di valore dell’utente in un e-commerce, piuttosto che alla vera e propria necessità di acquistare un determinato prodotto.

Shoppable Content

Ispirare il consumatore online, dunque, determina gran parte delle scelte fatte durante l’intero customer journey. Le aziende devono essere propositive, ingaggianti e coinvolgenti attraverso il contenuto. Non è impresa facile, ma questa filosofia deve stare alla base di una strategia di comunicazione che punta a discostarsi dal classico approccio del marketing tradizionale.

L’utente oggi è informato, preparato e critico, e vive un momento dove è posto al centro di tutte le campagne di comunicazione, si sente coinvolto e apprezzato dall’ascolto attento dei brand (nei casi in cui viene svolto un buon lavoro di monitoraggio), ma allo stesso tempo viene costantemente incalzato da input online che determinano le scelte al di fuori del contesto digital.

I contenuti veicolati in tutti i touchpoint digitali del brand devono quindi tendere necessariamente alla performance: il content marketing, cioè, deve chiaramente essere proteso a una conversione online. Deve discostarsi da un mero senso creativo ed estetico, e tra le varie cose:

  • Non possiamo più limitarci a creare gallery dalle immagini nitide, pulite e ben fatte.
  • Non è più sufficiente accostare le palette colori ai prodotti di design al fine di creare moodboard graficamente impattanti.

Oggi dobbiamo creare digital moments in grado di fungere da consulenti, che in poche e semplici parole, idee, sensazioni, convincano il giusto acquirente a scegliere un determinato prodotto.

L’importanza della content curation: quali contenuti scegliere e perché?

L’approccio editoriale è la chiave strategica per costruire un ecosistema comunicativo intorno al brand in grado di fare la differenza. Come detto prima, la sincerità del brand deve rappresentare il primo punto a cui fare riferimento per sviluppare la content strategy. Questo aspetto deve essere veicolato attraverso i migliori contenuti performanti che devono guidare il percorso che condurrà l’utente all’acquisto.

Ma gli obiettivi possono essere diversi: alcuni contenuti devono essere studiati per le prime fasi del customer journey (awareness), come le storie unbranded, altri devono portare l’utente consumer alla consideration, come è il caso dei video. Con lo shoppable content arriviamo invece poi alla chiusura del cerchio, ma possono avere una grande influenza anche i social media.

Vediamo tutto nel dettaglio.

Le storie sono il metodo migliore per raccontare realmente la sostanza dei brand, la filosofia e la cultura che costituiscono le radici. Le aziende devono diventare media companies in grado di comunicare attraverso i racconti. Il branded content va verso la serialità televisiva, racconta storie autentiche, dove al centro ci sono le persone, con le loro situazioni quotidiane, le loro emozioni e i risvolti imprevedibili della vita. Questo è un esempio di Nutella USA:

Le storie vengono ormai raccontate per lo più attraverso i video, e i video sono i contenuti più ingaggianti. Un’azienda per rafforzare la propria notorietà di brand deve trovare il contenuto in grado di lasciare il segno, riconoscibile e apprezzabile, forte ed emozionante. Nessun contenuto dimostra di avere la stessa efficacia dei video: facile da ricordare, rapidamente comprensibile e capace di agire sulle emozioni di chi guarda. I video possono anche generare interazione in tempo reale, ma ci arriviamo con calma. Prima vediamo gli esempi migliori di shoppable content.

Shoppable Content: i migliori esempi

La produzione di commerce-minded content sta alla base delle strategie di digital marketing di tutti i più grandi e-shop di successo. Ad esempio Salvatore Ferragamo ha creato una digital series per la collezione estiva appena conclusa, dove ha esplorato le contaminazioni del brand tra il mondo dell’arte e quello del fashion.

salvatore ferragamo shoppable content

Ma il più grande esempio è Net-A-Porter, un online fashion store che in realtà, grazie a un layout con un’impostazione marcatamente editoriale e i contenuti lifestyle, si avvicina più a un magazine come Vogue che a un tipico e-commerce come Zalando. Con il magazine online The Edit, Net-A-Porter offre contenuti freschi e unici affiancandoli alla promozione di prodotti.

The Edit Net A Porter Shoppable Content

Anche la celebre catena fashion inglese Topshop centra l’esperienza di shopping dei consumatori sulle storie e sui video, visibilmente già dalla home page. Questa ad esempio è la pagina sui regali di Natale fashion, cui si accede cliccando sul bottone “shop the story”, dove gli utenti sono invitati all’acquisto immergendosi dentro una storia:

Topshop Shoppable Content Fashion Gifts

Il collegamento tra e-commerce e contenuti è visibile anche nell’altro senso. Chi dovesse, infatti, atterrare direttamente sulla landing page di una categoria di prodotto, avrà chiaramente visibile il collegamento con i contenuti con la gif animata posta al centro dello stream dei prodotti:

Topshop Shoppable Content Make up Bags

Lo shoppable content diventa anche social shoppable content, e non sto parlando solo dei Buyable Pins e della call to action “Buy Now” sulle immagini di Instagram, recentemente implementata dal social network visuale. Brand come Asos hanno messo in campo un’attività di user generated content che coinvolgeva i consumatori più fedeli (quasi ambassador) attraverso l’hashtag #AsSeenOnMe. Il risultato delle immagini condivise con questo hashtag è un social wall sul sito di Asos dove i visitatori possono direttamente procedere all’acquisto dei capi a partire dalle foto di altri utenti.

Shoppable Content ASOS #AsSeenOnMe

Ma così come il futuro del content marketing è il video, anche il futuro dello shoppable content è costituito dai video shoppable. Uno strumento di Cinematique permette la creazione di video “touchable”, dove viene raccontata una storia di Michael Chernow un padre circa trentacinquenne, appassionato di running e manager di cinque ristoranti: come rende più produttive le proprie giornate? Il brand che ha curato il contenuto, TAG Heuer, è nello sfondo, ma permette l’interazione dei consumatori che, cliccando su un qualsiasi punto nel video, possono ottenere informazioni aggiuntive sulla storia, ad esempio così:

shoppable content touchable video Tag Heuer

E, quando arriva il prodotto, è raccontata l’esperienza di Michael con il prodotto stesso. Lo spettatore, immerso nella storia, noterà spontaneamente anche la presenza del bottone “Buy Now”, con vicino il prezzo: basterà cliccarvi per atterrare sulla pagina di prodotto. Provate voi stessi:

Comprare storie, leggere prodotti

Il vero punto strategico dello shoppable content sta quindi nel riuscire a mettere in sinergia tipologie di contenuti diversi in un unico piano editoriale cross-canale in grado di crescere nel tempo insieme al brand. Per questo l’e-commerce deve essere coordinato con i social media e con il social commerce, e tutto deve iniziare dall’esperienza delle persone, fino a farle divenire non solo content curators ma anche content creators. Le persone, infatti, sono i soggetti che diventano contemporaneamente protagonisti della comunicazione, interlocutori del brand, destinatari delle attività di marketing, consumer e editor.

Lo shoppable content è destinato a rivoluzionare il mercato retail in tutti i settori. In chiusura, ecco i punti chiave da tenere bene a mente:

  • Le persone vogliono storie che le emozionino. Affiancate ai contenuti che spiegano il vostro prodotto storie che inseriscano il prodotto nella vita delle persone.
  • I retailer cercano modi sempre più inventivi di attirare consumatori: lo shoppable content, nell’era del mobile, può essere la soluzione per interessarli e portarli all’acquisto
  • Il customer journey è per definizione frammentato e i consumatori affrontano molti step prima di arrivare all’acquisto. Lo shoppable content può ridurre il percorso: fate passare i vostri utenti direttamente dal contenuto al carrello.
21 novembre 2016 Veronica Balbi

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TAG: UX e UI retail analysis