Come varia la percezione visiva di uno spot TV a seconda di ciò che lo precede

Il nostro vissuto quotidiano è un continuo susseguirsi di tasselli di esperienza che comunicano tra loro anche quando questo non era inizialmente previsto. Può capitare a chiunque di recarsi a lavoro arrabbiati perché la sveglia mattutina non ha suonato. E a quel punto è quasi inevitabile indisporsi perché la moka ci impiega troppo tempo per il caffè o arrabbiarsi per l’eccessivo traffico.

All’opposto, è chiaro che l’umore di una persona dopo aver vinto al Superenalotto sarà elevato per i giorni a seguire, in modo quasi indipendente da ciò che le capiterà.

È quindi di dominio pubblico il fatto che le esperienze precedenti possano in qualche modo condizionare la percezione di quelle successive.

Risulta evidente che in questa condizione esista una quantità enorme di possibili combinazioni e influenze difficili, se non impossibili, da prevedere. Alcune di queste però possono essere controllate o quanto meno monitorate. Soprattutto in ambito comunicativo.

Uno spot pubblicitario può essere influenzato da un’esperienza precedente?

Consideriamo per esempio la messa in onda o il caricamento online di uno spot. Il contesto in cui i video pubblicitari vengono visualizzati può essere in parte definito. Cambiare il contesto ha degli effetti su come uno spot ben studiato viene percepito da chi lo vede?

Per esempio: la trasmissione del mio spot durante un film dell’orrore migliora o peggiora il percepito delle persone? Gioverebbe maggiormente se inserito in un film d’amore?

Cambierebbe qualcosa nel percepito se il mio video su YouTube o su Spotify fosse preceduto da una pubblicità scadente? O mi converrebbe puntare su un effetto alone?

La variazione di percezione di uno spot a seconda del contesto può essere misurata?

La ricerca su questo è chiara: la percezione di uno spot viene influenzata a seconda di ciò che viene trasmesso prima. Ma quello che ancora la ricerca non ci dice è se tale modifica possa essere rilevata dal punto di vista fisiologico.

Nel mondo delle neuroscienze, il celebre esperimento di Davidson ha dimostrato come vi siano attivazioni differenti nei due emisferi, a seconda del fatto che l’esperienza sia piacevole oppure no. Questa asimmetria nell’attivazione delle aree del cervello, chiamata FAA (Frontal Alpha Asymmetry), oggi è considerata un indicatore attendibile delle emozioni di avvicinamento e di evitamento.

Abbiamo quindi voluto testare la nostra tesi con uno studio che registrasse le diverse risposte del cervello grazie all’EEG, l’elettroencefalogramma. Se vi interessa approfondire l’uso di questo valido strumento ne parliamo in questo articolo.

Le differenze nella percezione dello spot “iPhone X Apple – Unlock”

Per capire quali differenze percettive possano portare spot precedenti diversi, abbiamo condotto un test per valutare il percepito degli utenti dello spot “iPhone X Apple – Unlock” quando questo era preceduto da spot di natura differente.

Abbiamo selezionato 30 partecipanti e li abbiamo invitati a partecipare al nostro studio. È importante sottolineare come siano state sufficienti solo 30 persone per questo tipo di valutazione, perché le risposte del cervello a livello fisiologico si muovono secondo modelli prevedibili (se vi incuriosisce la tematica della numerosità del campione leggete questo articolo).

Abbiamo quindi suddiviso i partecipanti in due gruppi, e prima del video di Apple abbiamo mostrato a ciascun gruppo uno spot differente. Il primo gruppo ha visto in precedenza “Donazioni Alì 2018”, un video di natura sociale che parla del CUAMM, Medici con l’Africa, che presenta una struttura diversa dai classici spot televisivi, sia in termini di montaggio che di contenuto. La comunicazione di tematiche di rilevanza sociale spesso chiama in causa anche emozioni negative, per riuscire a far breccia sul pubblico. È evidente che nei classici spot televisivi tali emozioni siano sconsigliate.

Al secondo gruppo, prima dello spot di Apple, è stato mostrato invece quello di Nike «Believe in something. Even if it means sacrificing everything».  Uno spot decisamente attivante che stimola emozioni completamente differenti.

Spot Precedente

A tutti i partecipanti abbiamo fatto indossare un EEG per valutare le risposte elettroencefalografiche. L’analisi dell’attività cerebrale ci ha permesso di ottenere delle informazioni, in termini esperienziali, piuttosto dettagliate e precise. L’asimmetria frontale ci ha dato la possibilità di capire se la visione dello spot di Apple, potesse essere in qualche modo condizionata. E soprattutto ci ha permesso di quantificare questa differenza.

Grafico risultati test

In particolare, il grafico evidenzia come l’esperienza dello spot sia sempre percepita in modo piacevole (il valore di asimmetria è positivo). Ma tale valore è significativamente più alto se preceduto da un video particolarmente attivante (Apple B).

Grafico risultati test

Il grafico qui sopra mostra le risposte cerebrali medie di FAA secondo per secondo durante tutto lo spot. È evidente come ci sia una coerenza esperienziale, ma posizionata a un livello superiore.

Questo test dimostra e conferma come il contesto sia fondamentale nella percezione di un fatto o, come in questo caso specifico, di un prodotto pubblicitario. Nel caso di una reazione positiva al contenuto in sé, un altro contenuto precedente dinamico e attivante rinforza la percezione positiva dello spot.

Provate ora a fare un esercizio di stile e spostare questi ragionamenti al di fuori dello schermo. Provate a pensare questo schema nelle esperienze del lusso, come una cena in un ristorante stellato. Non è sufficiente che il cibo sia buono, se il contesto non è all’altezza. L’esperienza sublime di una ricetta esclusiva e sopraffina non varrebbe la spesa. Non è quindi sufficiente fare bene il proprio pezzo: qualsiasi esperienza è di fatto un funnel costituito da momenti che influenzeranno i successivi. E se riusciamo a migliorare i nostri punti di accesso, miglioreremo automaticamente la qualità dell’esperienza che stiamo offrendo. Questo apre una riflessione sulla capacità di progettare un’attesa piacevole che acquista un nuovo e accresciuto valore, forse addirittura maggiore dell’esperienza stessa. Non per niente Lessing diceva che «L’attesa del piacere è essa stessa il piacere», come vi abbiamo dimostrato nell’analisi dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.

5 giugno 2020 Christian Caldato

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TAG: neuromarketing