Fashion system e musei: un confronto sul marketing online

Fashion system e musei d’arte sono due mondi apparentemente molto diversi, ma condividono uno dei possibili target di riferimento: i giovani. Se analizziamo questi due settori dal punto di vista del marketing online, vediamo che il comportamento delle aziende è molto diverso,  soprattutto nei social network.

Vediamo un po’ di casi per farci qualche idea.

Qualche tempo fa avevamo presentato una ricerca sul fashion system e sui social media che aveva una conclusione interessante: lo scenario in cui queste aziende si stanno muovendo è quello della sperimentazione e del testing. Nascono pagine brand nei social, interazioni con i clienti di vario tipo, applicazioni dedicate al divertimento e molto altro, ma lo scopo principale rimane spesso lo stesso: brand awareness e un po’ di visite in più (che non guastano mai).

Su Facebook, ad esempio, la pagina di H&M fa da caso-scuola, contando oltre 1.490.000 fan, mentre L’art of Travel di Louis Vuitton conta circa 788.000 sostenitori. Su Twitter invece c’è un po’ meno enfasi, ma compaiono comunque dei nomi interessanti, come quello di Lady Dior, che conta più di 6.000 followes, o quello di Versace, che ne ha circa 3.600.

Spostiamo ora l’attenzione verso il mondo dei musei d’arte: luoghi dove la cultura e la storia vengono racchiusi in corridoi, percorsi spesso da quegli stessi giovani che seguono le grandi case della moda. Possiamo ipotizzare quindi, almeno potenzialmente, uno stesso target di riferimento?

L’immaginario collettivo vede questi luoghi come poco adatti ad invadere il mondo di internet, forse perché meno di massa. Ad osservare alcuni casi di musei famosi c’è però da rimanere sorpresi di come questi abbiano saputo rimettere in gioco la propria immagine grazie alla rete.

Vediamo alcuni esempi, giusto per rendere onore a questi inaspettati piccoli campioni dei social. Il MoMA (Museum of Modern Art) di New York mette in atto una vera e propria strategia integrata sui Social Media: un blog nel sito, una pagina su Facebook con più di 220 mila fan (che è anche collegata ad altre pagine fan, sempre del museo), un profilo Twitter con più di 57.000 followes, un canale YouTube con più di 8.600 iscritti e un gruppo su Flickr con 1016 membri e più di 2.700 elementi pubblicati, uno spazio per il “download dell’arte” in iTunes dove poter scaricare delle vere e proprie guide, video e altro materiale e qualche applicazione per iPhone, il tutto condito da una serie di rigorosi collegamenti tra un social e l’altro. A contornare questa già speziata strategia, c’è anche qualche applicazione su Facebook, come ad esempio quella dell’estate scorsa che ha permesso di incrociare i giorni del proprio viaggio a New York con quelli dell’apertura al pubblico del museo, in modo da dare vita a percorsi personalizzati da pianificare tranquillamente nella fase di pre-partenza. Davvero un lavoro con i fiocchi, insomma.

Il MoMA, comunque, non è l’unico museo di cui si hanno tracce di interessanti strategie integrate sui Social Media. Basti pensare per esempio al Brooklyn Museum, un’altra famosa galleria di New York, che utilizzando una community come collante, ha dato vita ad un vero e proprio scambio di conoscenza sul mondo dell’arte, mescolando i post del proprio blog ai commenti dei partecipanti, le foto del gruppo su Flickr (che conta più di 3.800 elementi, distribuiti da quasi 1.200 partecipanti), ai video di YouTube, ad un account Twitter (il cui profilo conta quasi 26.500 followers) e, nemmeno a dirsi, ad una pagina su Facebook, su cui si sta lavorando molto bene, anche lato SEO. Ma non è finita: i membri della comunità possono scaricare podcast e utilizzare strumenti più e meno sofisticati come MySpace, Yelp, Blip.tv e iTunes. Per finire, il Brooklyn Museum si è diretto anche verso il mondo mobile, eliminando le vecchie audio guide a favore di percorsi per smarthphone. Come non definire anche questo un caso di assoluto interesse.

Di esempi ce ne sono comunque molti altri, a conferma che qualcosa si sta muovendo veramente. Sembra un settore in ebollizione, in linea con quello più ampio del travel. Tra questi, e ve lo dico con un po’ di orgoglio nazionale, c’è anche qualcosa di italiano. Ad assaltare Twitter, Facebook, Flickr e compagnia ci sono infatti diversi casi nazionali, come ad esempio quello della Peggy Guggenheim Collection o quello del Palazzo Grassi di Venezia, oppure, ancora, quello del MART di Rovereto e Trento. In particolare, quest’ultimo si mostra come un particolare successo: come i più famosi musei americani, ha messo in atto una strategia integrata che si basi sull’idea di “community” per gestire vari strumenti del Web 2.0, come ad esempio YouTube, Twitter, Facebook (che conta più di 7.300 fan, non molto lontano quindi dal Brooklyn Museum che ne conta circa 10.000) e Flickr.

Il modo di comunicare per i musei sta cambiando. Se infatti per un settore come quello del fashion system questo passaggio può essere considerato un’esigenza, per stare in linea con il proprio target, per il settore dei musei sembra essere invece un’opportunità: i brand museali sono infatti meno conosciuti come luoghi per le masse e visti più come nicchie per appassionati, ecco perché il web può portare ad una sorta di rivisitazione tanto divertente, quanto utile, per rilanciare un’immagine.

Quindi, cosa concludiamo da questo strano paragone? Nel mondo reale i prodotti della moda sono tra quelli che meglio si muovono strategicamente tra le masse della gioventù, mentre i “prodotti museali” sicuramente non hanno lo stesso successo. In rete, invece, sembra esserci un approccio fin troppo timido da parte di chi dovrebbe dominare la scena, appunto le grandi case della moda, e più sfrontato invece da parte dei musei, che hanno capito (almeno alcuni) che internet può essere un antidoto alle sale deserte.

Tra i tanti approcci ad internet che ho osservato negli ultimi mesi, posso dire che quelli dei musei siano tra i migliori: strategie integrate, vivaci, interessanti, svecchianti, perfino rivoluzionarie.

13 gennaio 2010 Stefano Guerra

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TAG: digital marketing