Web Summit 2016, il futuro prossimo del marketing: 5 punti di ritorno da Lisbona

Quest’anno il Web Summit ha cambiato città e scala. Si è spostato da Dublino a Lisbona ed è passato da 25.000 ad oltre 56.000 partecipanti tra marketer, startupper, investor e player del panorama digital e tech provenienti da ogni parte del mondo.

Quattro giorni e tre notti di convegni, eventi e networking che hanno letteralmente invaso la città, da Barrio Alto con il Night Summit, al Parque Das Nações con il baricentro del Summit presso i padiglioni della Fiera Internazionale di Lisbona. Organizzazione colossale ed impeccabile da parte del team di Paddy Cosgrave, facilitata dal grande favore e supporto del governo e dal paese che hanno voluto cogliere questo evento come opportunità di rilancio e di affermazione come nazione che intende divenire hub per l’innovazione e gli investimenti nel business digitale.

Abbiamo partecipato anche quest’anno e condividiamo appena atterrati cinque spunti di riflessione a caldo scatenati dalle conferenze alle quali abbiamo partecipato. Per chi volesse una visione globale sui temi dei 23 palchi, nei quali si sono alternati centinaia di speaker (dal machine learning al fashion, dal medicale al sociale, dalla creatività e design alla finanza, ecc …), rimandiamo al sito e ai canali dell’evento che quest’anno, in collaborazione con Facebook, ha condiviso in streaming live per tre giorni gli speech di 5 stage.

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1. Virtual e Augmented Reality: la nuova rivoluzione (del digital business)

L’unico aspetto su cui ci sono pareri discordi è il timing. Ciò che è certo è che la VR e l’AR pervaderanno presto la nostra quotidianità e che il business che vi ruoterà attorno raggiungerà diversi miliardi ($120B previsti nel 2020).

La diffusione di queste tecnologie nel mondo consumer offrirà grandi opportunità a brand e advertiser di introdurre nuove forme innovative di esperienze, interazioni con la realtà, contenuti, e naturalmente di promozione. Gli “squared flat spaces” come banner e immagini sono infatti sempre meno in grado di catturare l’attenzione e soprattutto di generare engagement ed interazione spinti. Innovazione e budget media si sposteranno presto e massivamente nelle nuove realtà, generando forme creative libere e senza dimensioni obbligate.

Facebook, dopo l’acquisizione di Oculus VR, continua ad effettuare grandi investimenti in R&D in questo ambito. Il CTO Mike Schroepher ha aperto il Summit mostrando in anteprima una tecnologia che Facebook sta sviluppando, che consiste in due device da impugnare associati ad un visore Oculus evoluto. Uniti assieme permetteranno di interagire con lo spazio fisico in ogni contesto, anche a distanza, con applicazioni infinite che vanno dal gaming più spinto al medicale. Da Menlo Park sono certi saranno questi i device per creare evolute “deep social connections“.

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Segnali evidenti di applicazione di forme primordiali di AR sono già visibili da qualche anno (uno su tutti i filtri di Snapchat). Un esempio di come possano essere al servizio del business già oggi è L’Oréal, che assieme a McCann DE ha lanciato lo scorso anno l’app Makeup Genius, offrendo la possibilità di testare una quantità di prodotti esponenzialmente superiore a quella che si testa di solito in negozio e di acquistarli direttamente dallo store online senza affollare i mall contendendosi i tester.

In conclusione: per la realtà virtuale è solo questione di tempo. Giusto quello necessario ai giganti dell’elettronica di rendere i device più semplici e la diffusione sarà massiva.
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2. Private messaging: le conversazioni si spostano qui assieme alle opportunità per i brand

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Le app di private messaging scandiscono il nostro quotidiano. È quasi momento di imbarazzo quando si deve comunicare con qualcuno e, davanti alla home del proprio smartphone, non si sa se farlo su Messenger, Whatsapp, via Mail, su Skype, ecc. Sta di fatto che l’audience in ogni istante del giorno o è lì o è su Facebook (o è lì su Facebook nel caso di WhatsApp e Messenger!).

Siamo solo al termine dello step 1: la creazione dell’ecosistema di audience attorno ai nuovi network eredi dei social che ha raggiunto la maturità. La svolta, ormai imminente, sarà quando le app di messaging apriranno le loro porte e database estremamente profilati ai brand. In quel momento avrà la risposta chi sgranava gli occhi per le iper valutazioni delle grandi acquisizioni come quella di WhatsApp ($19B nel 2014) e gli investitori che attendono le revenue.

E il momento è già arrivato: il founder di Viber martedì ha annunciato in diretta durate il suo speech al Summit l’apertura dei Public Accounts che mettono a disposizione la user base di 800M+ di persone ai brand (RedBull, Coca-Cola e Mashable sono solo tre dei 100 partecipanti al vernissage). I primi e più “semplici” utilizzi andranno dall’ovvio advertising al customer service, facilitati dai Bot e AI in grado di interagire in modo evoluto e automatico con le persone. Quali saranno i più evoluti? Attendiamo che si verifichi il punto 1 (AR/VR).

3. Social: canale di vendita e arma di targetizzazione

Come sta cambiano il modo con cui le persone comprano nei social? Per Gary Vaynerchuck, che si è “esibito” in un tagliente show giovedì, è semplice: nel mondo chiunque è da sempre stato influenzato da parenti e amici, e oggi questo si è tradotto nei social e nei visual content.

I social stanno completamente ridisegnando i customer journey e il modo con cui scopriamo i prodotti e li acquistiamo. Nessuno di noi è più attratto e influenzato da prodotti in contesti neutri, vogliamo vederli nei luoghi reali con persone reali (ecco perché forse gli smartphone diventano sempre più grandi con fotocamere sempre più evolute?). Per questo motivo gli ultimi step di conversione stanno sempre più diventando l’immagine di un prodotto condiviso su Instagram da un/una influencer, un video tutorial o una recensione su Amazon di un utente in cui indica un prodotto migliore rispetto a quello che si stava considerando.

Cosa succederà nei prossimi anni e quale sarà  la sfida per i brand quindi? La stessa cosa che è successa negli anni ’50 quando si è passati dalla radio alla TV: sono cambiati i leading player, e sono scomparsi quelli che non sono stati in grado di adattarsi. Perderanno quote di mercato o scompariranno i retailer legati ancora a vecchi modelli di marketing, trainati a fatica dalle nuove dinamiche che li costringono a rincorrerle ed incapaci di proporre innovazioni nel loro modo di ottenere attenzione e rilevanza.

Facebook oggi allo stesso tempo rappresenta:

  • il canale che guida le revenue delle vendite degli inserzionisti generate da investimenti in advertising
  • l’arma di targetizzazione più potente che chi vende abbia mai avuto a disposizione.
  • lo strumento di predictive marketing più efficace che esista nel identificare e prevedere i comportamenti di acquisto delle persone

 

Tutti i tool e le piattaforme di analisi e segmentazione del target più efficaci ad oggi si basano sui suoi dati e le sue API. Oltre alle più note, erano moltissime anche quest’anno le startup con il proprio core negli Analytics e Big Data.

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Nota finale sul targeting e la teoria della sua relatività: è ufficiale, a partire dai Millennials i segmenti socio-demografici sono un anacronismo. Le nuove generazioni sono talmente vaste e frammentate nelle abitudini e profili da richiedere approcci sempre più one-to-one. Allo stesso tempo non esiste più un singolo posizionamento per i brand e un unico set di competitor, tutto dipende dalle generazioni considerate. Come fare quindi per raggiungerli in modo efficace? Con Facebook naturalmente.

4. Online Advertising: focus sul contenuto per ottenere attenzione (con l’aiuto di AdBlock)

Se vuoi raggiungere chiunque è a Facebook o Google che ti devi rivolgere e loro dedicare il tuo budget, questo è ormai chiaro.

Il ruolo del contenuto è sempre più determinante nel successo o insuccesso di ogni campagna, in un ambiente con un rumore di fondo sempre più alto a causa di un’infinita quantità di banner legati ancora ai vecchi modelli pubblicitari che rovinano la nostra esperienza digitale. Tanto difficile è ottenere l’attenzione, quanto grande è la posta in gioco per chi adotta forme di engagement innovative.

Lo ha sottolineato anche il Founder di Reddit, la piattaforma content più in voga negli States: oggi la sfida è “get people to care about your contents!”. Bisogna lottare forte per avere attenzione, ma quando si riesce con i contenuti giusti si può ingaggiare audience più grandi persino dei soggetti istituzionali. “Authenticity now scales!”.

Uno dei luoghi migliori dove veicolare contenuti innovativi e pertinenti al target, al contesto e al preciso momento che le persone stanno vivendo è nelle loro conversazioni. Facilitarle e stimolarle fornendo strumenti e ispirazioni, creando ambienti adatti a farle convergere e strategie per promuoverli è la chiave del successo delle aziende che ci stanno riuscendo.

Sempre più dollari finiscono in campagne di programmatic advertising, grazie ai predictive data e a piattaforme di behavioral intelligenge in grado di fornire il miglior contenuto pubblicitario nel momento più opportuno alla persona che più probabilmente convertirà. Il presidente di Publicis riconosce come questo possa essere una minaccia per le agenzie e i loro grandi team dedicati all’ottimizzazione tradizionale delle campagne. Qualcuno però dovrà pur impostare e monitorare questi tool, ma soprattutto concepire contenuti efficaci in grado di farle performare. È proprio sulla creatività che si gioca la sfida e l’innovazione nelle competenze delle agency.

Un tema collegato al (mediamente bassissimo) valore creativo dei contenuti promozionali in circolazione, che ha dominato molti dei panel a Lisbona, è la minaccia più temuta dagli advertiser: AdBlock, software in grado di mettere letteralmente in muto quel fastidioso rumore che ci disturba dal fruire dei contenuti che realmente vogliamo. 

Interessantissimo dibattito tra il founder & CEO di Adblock Plus Till Faidam, che si batte ogni giorno per un web più pulito e un marketer paladino del advertising online tradizionale (per chi volesse vederlo, qui a partire da 1:11:00). Secondo il primo, il web è sempre più affollato di pubblicità inutili, banali e inefficaci e AdBlock è l’occasione (imposta) di mettersi in discussione e di fare business in modo sostenibile, specialmente se si tratta di ingaggiare le nuove generazioni sempre più esperte e sofisticate e insensibili ai “traditional intrusive banners”.

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Ciò che è dimostrato è che più i contenuti sono fatti bene e più produrranno valore per l’azienda. Sarà necessario quindi puntare alla qualità per monetizzare gli investimenti. Per una content/ads strategy con alte probabilità di successo è necessario che il concept dei contenuti parta dai dati, dall’analisi delle risposte ai contenuti da parte degli utenti e dal testing prima di diffonderli. Data e storytelling sono infatti un binomio fondamentale per ottimizzare le esperienze, anche in diretta (vedi le forme evolute di storytelling e split testing).

Ma se AdBlock blocca tutto come si possono innovare i formati e i loro contenuti? Molti advertiser concordano sulla necessità di una regulation e leggi ad-hoc, come nel caso delle email.

A partire dagli editori, chi sulla pubblicità ha basato il proprio business model è il più indebolito e costretto a trovare una immediata soluzione al calo di ricavi. Sarà il Native advertising a salvarli?

5. Video, video e ancora video (Live): è questo il Contenuto

La competizione nell’attenzione delle persone cresce ed è sempre più difficile disegnare contenuti ingaggianti in grado di colpire. I video sono il vettore oggi più apprezzato: Facebook è il canale chiave per diffonderli, e Facebook Live è lo strumento del momento per cogliere di sorpresa le persone e stimolare la loro curiosità.

Quanto al tipo di video, nei social è completamente diverso l’approccio rispetto alla TV, dove anche nelle trasmissioni in diretta ogni dettaglio è curato nel dettaglio. Nei social è l’opposto, meglio puntare su contenuti auto prodotti e a tratti artigianali, percepiti come molto più vicini alla realtà delle persone che li fruiscono e che sempre più spesso li co-producono assieme ai brand.

Per quanto riguarda la durata, se il contenuto è buono non ci sono limiti, vedi l’effetto serie TV che tiene sveglie le persone in maratone fino all’ultima puntata disponibile e oltre nei blog di spoiler e fan. La durata non conta, dipende tutto dal momento e dal luogo e situazione in si vuole entrare in contatto con il proprio target.
Un ottimo approccio per creare contenuti (video e non solo) performanti è quello di partire dall’analisi del Customer Journey, per creare il contenuto più adatto al preciso touchpoint e al momento in cui si trova la persona, all’esigenza che ha, al device che usa e così via.     

Se si parla di video, viene subito in mente Netflix e gli altri broadcaster di nuova generazione. La sfida per loro, che sono allo stesso tempo producer, broadcaster e canale di adv oltre che di entertainment, è quella di creare contenuti che nascano nei broadcast e che abbiano vita parallela nei social, alimentando l’effetto volano in grado di generare ancora più hype attorno a film e soprattutto serie.
Se il grande audience si è spostato qui, Netflix, Spotify e tutte le altre piattaforme di intrattenimento sono uno dei nuovi canali di advertising su cui essere presenti.

Altri temi da Lisbona

Oltre a questi cinque temi ne sono emersi moltissimi altri, che avremo modo di approfondire in modo dedicato.

Qualche anticipazione:

  • Il prodotto come canale di marketing: se tutti i prodotti fossero in grado di comunicare con le persone rappresenterebbero il più grande media esistente (e strumento di analytics)
  • Local = Location = Mobile: questa è l’equazione da tenere a mente per tutti i retailer
  • I nuovi modelli di business che funzionano: mobile e crowd
  • Da CMO a CXO: cambiare il punto di vista assumendo quello dei propri clienti e della esperienza da loro vissuta per definire le nuove strategie di marketing

 

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14 novembre 2016 Federico Betti

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TAG: digital marketing