Giornali online e ottimizzazione per i motori di ricerca

Un paio di settimane fa abbiamo deciso di avviare una ricerca su quotidiani online e motori di ricerca. Per capire qual è il panorama italiano, quello europeo e in parte quello americano.

C’è un fermento continuo sul tema, si moltiplicano gli eventi e i momenti di discussione. Il mio giornalaio di fiducia, Alvise, dice che secondo lui fra quattro anni anche in Italia le notizie non si leggeranno più sui quotidiani come li intendiamo oggi, merito di wi-fi e dell’abbassamento delle tariffe per navigare dai cellulari. E allora sta pensando a cosa fare per il suo futuro.

Il nuovo direttore del Los Angeles Times, James O’Shea, ha dichiarato pochi giorni fa di aver avviato un progetto per formare i giornalisti a scrivere per l’edizione online, per recuperare il tempo perso rispetto ad altre testate americane e per dare fin da subito maggiore visibilità ai suoi pezzi in rete. Qui la storia completa, recuperata via Google! ;-)

Padre di questa tendenza è stato il New York Times, che il 9 aprile 2006 uscì con un pezzo storico, intitolato This Boring Headline Is Written for Google. (Tra parentesi, le attività di search engine optimization per il New York Times sono seguite da Marshall Simmonds, non proprio un novellino del settore. Marshall è un – simpaticissimo – veterano dei Search Engine Strategies. Seguiva il SEO per About.com ed è passato al NYT dopo l’acquisizione).

Quel pezzo fece discutere, e in questi giorni si è ripreso a parlare di fine della fantasia e dei titoli evocativi, per favorire le spicce esigenze di visibilità dei contenuti nei motori di ricerca. Elinor Mills il 2 febbraio ha scritto su Cnet un articolo dal titolo Newspapers search for Web headline magic non proprio tenero nei confronti delle tecniche SEO per rendere visibili sui motori di ricerca i contenuti dei giornali digitali.

Ma perché tutta questa attenzione per i motori di ricerca? Tanto da coinvolgere nei progetti giornalisti di lunga data, quasi a voler re-insegnare a scrivere a pluriblasonate penne del giornalismo mondiale? Perché le notizie si leggono sempre di pìù online. E quindi la pubblicità si raccoglierà sempre di più online. Learn or die.

I dati americani d’altra parte parlano chiaro: secondo il report del NADbase (Newspaper Audience Database), uscito nella primavera del 2006, tra il gennaio 2005 e il dicembre 2005 i visitatori dei siti dei quotidiani sono aumentati del 21%, mentre le pagine viste sono aumentate del 43%.

“Unique visitors to newspaper Web sites jumped 21 percent from January 2005 to December 2005, and page views increased by 43 percent over that same period, according to NADbase. The analysis also shows that newspaper Web sites increased the total newspaper audience, particularly among younger readers, attracting 14 percent more 25- to 34-year-olds and 9 percent more 18- to 24-year-olds.”

Questa la situazione americana. Ma in Italia? Secondo il rapporto ISTAT diffuso a dicembre 2006, che compara i risultati rispetto alla ricerca del 2005,

“L’unica attività che fa registrare un decremento è l’uso della rete per leggere o scaricare giornali, news, riviste (che passa dal 36,6% del 2005 al 33,9% del 2006). […] Le percentuali si riferiscono a persone di 6 anni e più con le stesse caratteristiche che hanno usato Internet negli ultimi 3 mesi.”

I dati meritano però un approfondimento sulle fasce d’età che guidano il calo, per il quale rimando al Rapporto completo Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui.

Tornando alla nostra ricerca, siamo partiti dall’analisi delle versioni on line e cartacee delle principali testate italiane – La Repubblica, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e La Gazzetta dello Sport –, un campione di quotidiani europei – lo spagnolo El País, il francese Le Monde e il tedesco Süddeutsche Zeitung. Completano la ricerca The New York Times e l’International Herald Tribune.

Pubblicheremo nei prossimi giorni la ricerca completa con indicazioni metodologiche, dettaglio delle analisi e risultati.

Intanto alcune anticipazioni:

  • le URL, un elemento molto importante per la diffusione della pagina (ad esempio, la classica frase via e-mail ai propri amici: Ti segnalo questo link) ed unità fondamentale per inquadrare la notizia all’interno dei risultati delle ricerche, si dividono principalmente in tre tipologie:
    • URL parametriche, quindi non parlanti: comprendono parametri alfanumerici non significativi per il lettore (per esempio per Le Monde o Il Giornale: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=154958)
    • URL parlanti, che contengono cioè elementi linguistici significativi per la catalogazione cronologica e/o di area di contenuti del giornale (www.repubblica.it/scuola_e_universita/index.html) o sui contenuti dell’articolo (www.repubblica.it/2007/02/sezioni/sport/calcio/serie_a/ agente-morto-3/stadi-a-norma-e-no/stadi-a-norma-e-no.html)
    • Ibridi, che includono parametri ed elementi lessicali significativi (www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Sport/2007/02/ calcio_amato_060207_md.shtml?uuid=caece688-b5c8-11db -b223-00000e251029&DocRulesView=Libero)

    Le URL parlanti che presentano elementi lessicali significativi sono naturalmente le più efficaci sia per il lettore umano che per lo spider del motore di ricerca.

  • l’unica testata ad avere nelle pagine degli articoli un metatag description costruito ad hoc è il New York Times. Per il resto si va dal riprendere titolo e occhiello (per esempio La Gazzetta e il Corriere) o la description generica presente in home page (per esempio La Repubblica e Le Monde)
  • nessuna delle quattro testate italiane esaminate ha un file sitemap.xml, mentre per esempio è presente per El País

 

Ma in attesa di pubblicare e discutere insieme i risultati completi dell’analisi volevo chiedere a te giornalista che passi di qua, quando scrivi tieni conto di come vivranno i tuoi pezzi in rete e di come i motori di ricerca ‘leggeranno’ e considereranno i contenuti? Consideri questo nuovo lettore intermediario dell’informazione una opportunità o un limite?

6 febbraio 2007 Miriam Bertoli