Il settore della moda ha dimostrato nell’ultimo anno un interesse crescente per il web, con il lancio di e-commerce e iniziative online. Oggi i brand del fashion system sono una miriade, sono soprattutto in continua crescita e attivano strategie di comunicazione sempre più creative (per esempio di guerrilla marketing) che trovano nel web un canale privilegiato. Dopo anni passati a considerare il web niente più che una vetrina virtuale, ora le aziende del settore fashion stanno ponendo sempre maggiore attenzione anche all’interazione con clienti e appassionati, attraverso i social media. Abbiamo quindi deciso di approfondire alcune analisi che avevamo già condotto per nostri clienti, concentrando l’attenzione su trenta aziende con brand conosciuti a livello internazionale e rivolte ad un target giovane, caratteristiche che dovrebbero renderle propense all’integrazione dei social media nelle strategie di comunicazione. Abbiamo quindi analizzato i social media più diffusi per osservare le iniziative adottate dalle aziende. In questo post ne presenteremo alcuni in modo specifico: Twitter, Facebook, YouTube, Flickr, MySpace, LinkedIn e Wikipedia. Questo è un estratto – altri esempi sono disponibili nella presentazione qui sotto – dell’analisi completa, che ha riguardato anche social media meno frequentati e blog aziendali.
Che cosa è emerso? È emerso innanzitutto uno scenario non uniforme, segnale di una fase di forte sperimentazione. Inoltre bisogna considerare il fatto che i social media spesso non permettono la pubblicazione di contenuti pubblicitari da parte delle aziende. Tuttavia c’è chi si sta muovendo davvero con disinvoltura. Vediamo qualche esempio.
• Twitter: permette di trasmettere messaggi (“in stile sms”) ai propri appassionati per poterli informare di argomenti coerenti con il proprio business oppure trasversali ad esso. In alcuni casi è lo stesso stilista/imprenditore che si mette in gioco in prima persona per condividere i propri pensieri e punti di vista. Un bell’esempio da segnalare è sicuramente quello di American Apparel che ha una comunicazione coerente con lo stile trasgressivo dell’azienda. Il numero di follower è elevato e il profilo è ben gestito dal punto di vista dei contenuti.
• Facebook: rispetto agli altri, questo mezzo permette una gestione più complessa a livello strategico. Infatti, offre molte possibilità, come creare gruppi, pagine fan, eventi, il cui utilizzo è molto legato alla creatività delle singole aziende. Ci sono dei casi in cui lo spazio è utilizzato come se fosse un mini blog, oppure, come nel caso di Pull & Bear, come un catalogo-prodotti sempre aggiornato. In linea di massima, anche in questo caso c’è molta sperimentazione, qualche piccolo successo (almeno in termini di iscritti e di numero di commenti) e ancora molti test.
• YouTube: utile alle aziende per diffondere le proprie idee, i tutorial, gli spot pubblicitari o i contest. Inoltre la pubblicazione di questi contenuti può anche contribuire a migliorare la propria visibilità in Google grazie alla presenza di risultati multimediali. Tra le aziende analizzate poche sono quelle che si sono avvicinate a YouTube, ancora meno quelle che lo hanno utilizzato in modo creativo. Da segnalare anche in questo caso il profilo di Pull & Bear, perché oltre alla cura nella grafica e nei contenuti, è integrato con altri social media, grazie ad un concorso per coinvolgere gli utenti.
• Flickr: è uno dei social meno utilizzati dalle aziende analizzate. Forse anche perché Flickr si apre poco ai contenuti commerciali, tuttavia esiste la possibilità di creare o incoraggiare la creazione di gruppi che possono rappresentare una buona leva per l’immagine e per il brand aziendale. Un caso di gruppo interessante è quello di Vans, perché ha un numero elevato di contenuti e di iscritti , nonché un’alta frequenza di aggiornamento da parte degli utenti.
• MySpace: anche questo è poco utilizzato, in effetti l’uso a livello aziendale diventa di difficile gestione, se non legato al mondo della musica. Il social network permette da un lato un alto livello di personalizzazione (dallo sfondo al caricamento di ogni tipologia di contenuti), ma dall’altro lato la sua struttura richiede molta creatività per gestirlo. Un esempio interessante per la qualità dei contenuti, la grafica ben curata e il numero di iscritti, è quello di Bershka.
• LinkedIn: molti dei brand analizzati hanno uno spazio su LinkedIn. I benefici della presenza, oltre al principale aspetto del recruiting, sono di valorizzazione della professionalità dell’azienda e di branding, grazie anche alla possibilità di avere il profilo aziendale visibile in Google. Un caso interessante è quello di Inditex, perché si presenta come un profilo molto ricco e curato nei dettagli.
• Wikipedia: quasi tutte le aziende considerate nell’analisi hanno una voce nell’enciclopedia in una o più lingue. La presenza all’interno di questo mezzo può essere davvero molto rilevante in termini di visite e di posizionamento nei motori. Contribuisce inoltre a rendere chiare le policy aziendali. Un buon esempio è dato ancora da American Apparel, che mostra un profilo ben fatto e ricco di contenuti. Durante l’analisi abbiamo anche rilevato l’esistenza di strategie web integrate davvero interessanti. Un caso per tutti è quello di Diesel che ha creato Diesel:U:Music, uno spazio virtuale dedicato ad un evento musicale offline. L’evento è stato rilanciato su molte delle piattaforme social viste sopra in modo perfettamente integrato e assolutamente interessante.
Ecco che allora si intravede anche la conclusione dell’analisi: l’integrazione. Il contesto appare, infatti, caratterizzato da poche strategie e da molta sperimentazione. Chi saprà muoversi cavalcando l’onda dei social media, comprendendo le vere esigenze dei propri clienti e pianificando attentamente una strategia integrata, probabilmente riuscirà anche ad imporsi sui propri competitor.