Come usare Facebook senza usare Facebook: un caso di neuromarketing

Per comprendere le potenzialità del neuromarketing, a volte ci possono venire in aiuto alcuni casi studio efficaci e paradossali – e proprio per questo in grado di trasmettere un messaggio persuasivo nei confronti dei destinatari della comunicazione, e attirare la loro attenzione.

La libreria israeliana “Tzomet Sfarim” nel 2009 ha ideato una campagna pubblicitaria estremamente efficace, tanto da essere riconosciuta come memorabile, anche a distanza di anni.

Face a Book” è il claim attraverso il quale la libreria di Tel Aviv suggerisce di “affrontare un libro” e di disconnettersi dal mondo dei social. Uno slogan certamente calzante e stimolante, ma qual è l’elemento che rende così memorabile ed efficace questa campagna?

Intuitivamente, l’immagine e il claim rimandano di certo al logo di Facebook. Colori e font sono elementi che vengono riconosciuti immediatamente dal nostro cervello e vengono associati ad un’esperienza di logo già conosciuta, sfruttandone le componenti implicite ad esso legate. In un secondo momento viene invece recepita la differenza rispetto agli standard attesi, generando quindi un effetto sorpresa.

Tale fenomeno viene definito “Hippocampal Headlines”, e permette una facile processazione dell’informazione e una necessità di attivazione attentiva minore per immagazzinare l’informazione.

Il Wellcome Trust Centre for Neuroimaging dell’University College London ha scoperto che questa tipologia di stimoli attiva in modo specifico l’ippocampo. Quest’area cerebrale svolge un ruolo fondamentale nella memorizzazione, attuando sistematicamente una funzione di previsione e una di confronto.

Cerchiamo di esemplificarvi il processo mentale sottostante.

  1. In un primo momento l’ippocampo cerca di anticipare l’interpretazione sulla base degli elementi a disposizione e del raffronto con quelli disponibili in memoria. È come se il nostro cervello cercasse un posto nel quale collocare l’informazione elaborata. Il fatto di trovare nella memoria uno stimolo molto simile, facilita di molto l’onere dell’elaborazione. Si riesce quindi con un dispendio minimo a processare l’informazione.
  2. Successivamente viene esercitata un’operazione di controllo e verifica che elicita una inevitabile risposta attentiva. In questa fase il cervello recepisce le differenze tra lo stimolo già presente e lo stimolo nuovo.
  3. Attraverso questo meccanismo, il cervello con un dispendio energetico minimo riesce a processare molto facilmente le informazioni rimanenti, facilitando il processo di memorizzazione.

Associare delle immagini “nuove” ad alcune già immagazzinate è sicuramente un modo molto efficace e stimolante di comunicare visivamente un brand. Ecco degli esempi nella campagna pubblicitaria di alcuni anni fa di Esselunga.

Giudicate voi quali sono gli effetti. È riuscita nell’obiettivo di attirare la vostra attenzione?

Esselunga campagna pubblicitaria

6 giugno 2017 Christian Caldato

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TAG: neuromarketing eye tracking