La macchina della verità qualche danno in passato lo ha fatto. La sua valenza scientifica si è dimostrata pari alla confessione di una “strega” sul rogo in tempi bui. La ricerca comunque è andata avanti, e questo strumento, celebrato e denigrato nel corso del tempo, vive oggi nuova luce grazie alle importanti informazioni che permette di raccogliere in ambito di ricerca e analisi di neuromarketing.
TSW, grazie al XP Lab e alle ricerche che quotidianamente svolge sulla User Experience, misura le emozioni in tutte le loro sfaccettature, anche collegate a questo metodo di analisi, che si è obiettivamente evoluto. Iniziamo quindi a raccontarvi la storia di questo strumento, e le sue applicazioni.
Certamente le ricerche di mercato non indagano nel dettaglio l’integrità del consumatore, cioè non si indaga se ci viene detto il vero. Spesso il consumatore stesso ha difficoltà nel descrivere come e perché è giunto a una determinata decisione di acquisto o a motivare una sensazione di piacevolezza o disgusto verso immagini o esperienze. L’obiettivo principe rimane la volontà di comprensione profonda dei meccanismi della mente al fine di interpretarne nella maniera più precisa possibile i percorsi.
La macchina della verità ci può far capire il comportamento dei consumatori? #neuromarketing
L’immaginario legato alla macchina della verità è ampio, e la letteratura sconfinata. Che ci fossero delle reazioni fisiologiche legate al fatto di raccontare una bugia era già una convinzione ai primi del ‘900. La questione era quella di identificarle e soprattutto misurarle. Marston, uno studente di psicologia di Harvard, ideò un test sulla pressione sanguigna per individuare la correttezza delle informazioni. Dalle sue intuizioni, venne alla luce lo strumento denominato poligrafo, successivamente ampliato con ritmo cardiaco, ritmo respiratorio e micro-sudorazione della pelle. Ma perché?
Se siamo agitati, la nostra fisiologia cambia. In modo evidente. Il problema è che la nostra fisiologia cambia con qualsiasi risposta emotiva (Cacioppo et al, 2000). Basti pensare alla sensazione di dover parlare di fronte ad una platea. Le mani iniziano ad essere più fredde e sudate. Il respiro si fa corto. Il cuore si fa sentire maggiormente. Questa è una normale risposta fisiologica ad una condizione stressante. Provate ad immaginare di essere sottoposti ad un interrogatorio e di essere accusati ingiustamente di omicidio. È una situazione stressante? Queste risposte hanno qualcosa a che fare con la verità?
Ahimè, le risposte psicofisiologiche in questione dimostrano un collegamento con gli aspetti emotivi, e non con la verità. Nella review del 2003 (Shakhar et al, 2003) che indagava la validità dello strumento “poligrafo”, 57 articoli scientifici su 80 furono considerati come non affidabili. Facciamo un esempio per comprendere le difficoltà in questione: se vi venisse chiesto se avete mai tradito il vostro partner, potreste avere dei sentimenti di paura legati al fatto di esser stati scoperti perché davvero avete tradito il partner, oppure avere paura che questi sia convinto con lo abbiate tradito con tutte le problematiche che ne conseguono.
L’emozione da un punto di vista psicofisiologico è la stessa (la paura); la verità, al contrario, è completamente diversa. Mentre è possibile asserire il tipo di emozione che proviamo sulla base delle modificazioni psicofisiologiche, non possiamo dire che chiunque, mentendo, provi quella determinata emozione. Questo può portare alla creazione del fenomeno dei falsi positivi, o falsi negativi.
L’esempio più eclatante del falso negativo per quanto riguarda la macchina della verità (persona colpevole, giudicata non colpevole) è stato quello del serial killer del Green River (Gary Leon Ridgway), responsabile di almeno 48 omicidi che superò due volte consecutive il test della macchina della verità (1982, 1986).
È noto ad oggi come vi siano diverse tecniche per riuscire a superare i test della macchina della verità, per altro non tutte messe in atto in modo volontario. Ad esempio il modo più semplice per superare indenni il test è quello di alterare la rilevazione iniziale. Nel concreto significa crearsi volontariamente dolore (pizzicarsi con forza) o contrarre muscoli difficilmente identificabili dall’esterno, mentre ci vengono richieste le domande di controllo (“Christian è il tuo nome?”, “Hai 31 anni?”).
Date un’occhiata al filmato:
Nonostante le considerevoli problematiche, il poligrafo è stato ampiamente utilizzato nei tribunali. In realtà negli Stati Uniti, nel 2007, il poligrafo moderno è stato ammesso in 19 stati d’America come prova, a seguito di un trattato, e viene utilizzato ancora oggi su richiesta e discrezione del giudice della corte federale. In modi diversi, ma comunque sempre a scopi forensi, viene utilizzato anche in Canada, Australia, India e Israele.
Il fascino della macchina della verità è così grande, al punto da averne spinto l’utilizzo oltre le reali possibilità. La recente filmografia è colma di utilizzi impropri, se non addirittura comici.
La macchina della verità non è affidabile per identificare effettivamente la realtà, però fornisce informazioni estremamente importanti sullo stato emotivo delle persone. Possiamo quindi misurare ed interpretare realisticamente le emozioni, da un punto di vista psicofisiologico. Se queste sono generate per un fatto realmente accaduto o per un altri motivi sono semplicemente deduzioni. Ad esempio nella rabbia e nella paura abbiamo un aumento significativo della frequenza cardiaca, con la differenza che nella paura, diversamente dalla rabbia, vi è anche un marcato innalzamento della temperatura cutanea.
È chiaro quindi che se l’utilizzo è quello di comprendere le emozioni delle persone, sottoponendole tutte allo stesso stimolo (ad esempio una pubblicità) possiamo capire quali sono le emozioni che provano le persone. Non sarà la macchina della verità ma in compenso è di gran lunga più attendibile. Se ci interessassero le verità, non potremmo garantire soluzioni. Se al contrario ci interessano le emozioni, allora il TSW User Experience Lab è il posto giusto per indagarle.
Se da una parte una problematica, riscontrabile nel metodo, non ci permette di raggiungere la soluzione auspicata (la rilevazione della verità), recentemente gli studi del professor Giuseppe Sartori potrebbero aver aperto un nuovo ramo di ricerca per riuscire ad avvicinarsi il più possibile, attraverso l’utilizzo dell’Implicit Association Test (IAT). Ma di questo vi parleremo nei prossimi interventi.
Tutti questi strumenti, ancora una volta, provengono dal mondo delle neuroscienze, e sono applicati nel dettaglio nel neuromarketing. Forse non si può ancora sapere con precisione quando una persona – o un utente – rivelano la verità, ma con gli strumenti del TSW XP Lab è possibile misurare l’efficacia di uno spot televisivo, di un package o di una pagina di un sito web, e misurare le emozioni degli utenti associate alla loro esperienza a contatto con il brand.
Forse la verità non può essere rivelata, ma le emozioni che provano le persone sì.
Bibliografia: