5 ragioni per integrare Neuromarketing e Marketing tradizionale

Nel corso degli ultimi quindici anni sono risultati evidenti i limiti delle ricerche di marketing tradizionale, incentrate sull’idea di un individuo razionale e sui suoi processi consapevoli. Ciò non ha permesso agli operatori di marketing di cogliere quei meccanismi attivati dalle emozioni e dai processi automatici, che invece gli studi neuroscientifici indicano come rilevanti nei processi decisionali.

Oggi vi presentiamo cinque ragioni per cui riteniamo urgente passare da un approccio di marketing tradizionale a uno che si integri con il neuromarketing.

1 – Progressi nel campo delle neuroscienze

Molte ricerche di psicologia ed economia comportamentale stanno indagando tematiche tradizionalmente di interesse per il marketing, quali la regolazione delle emozioni, le indagini sul sistema delle ricompense e sui processi decisionali.

2 – Progressi tecnologici degli strumenti utilizzati

Negli ultimi anni si sono sviluppate tecnologie sempre più avanzate, che hanno diminuito l’invasività nella rilevazione di informazioni che riguardano la risposta del cervello agli stimoli, rendendole nel contempo più accurate. Lo sviluppo di strumentazioni portatili permettono di eseguire le rilevazioni sul campo, cioè dove avviene l’interazione con gli stimoli e i prodotti. Questo è ciò che con il TSW XP Lab Mobile abbiamo fatto al Salone del Mobile, al Cibus 2016 e al Wired Next Fest.

3 – Interesse alla misurazione delle risposte implicite ed emozionali ai messaggi di marketing

Il marketing presenta un crescente interesse nei confronti dei processi inconsci e verso il ruolo delle emozioni. Nonostante gli sviluppi delle neuroscienze e delle pratiche di ricerca, il neuromarketing non sarebbe cresciuto così tanto se gli operatori di marketing si fossero ritenuti soddisfatti delle metodologie esistenti e delle sole risposte verbali dei consumatori.

Uno dei limiti più evidenti delle ricerche di marketing tradizionale, infatti, è che gli individui hanno difficoltà ad esprimere verbalmente le proprie emozioni e sensazioni. Su questo ambito, invece, le ricerche e tecniche di neuromarketing – come il face reading e la misurazione delle onde cerebrali – possono comprendere e spiegare i processi decisionali.

4 – Richiesta di feedback delle azioni di marketing per misurarne l’efficacia

Le risposte verbali dei soggetti intervistati in occasione di test sulla piacevolezza di un’esperienza o di uno spot pubblicitario non sono sufficienti a fornire un quadro completo della loro reale esperienza. Le classiche metodiche di marketing, infatti, non forniscono una descrizione attendibile e precisa delle emozioni provate dai consumatori, soprattutto perché questi non ne hanno una piena consapevolezza.

È sempre stato critico misurare l’efficacia delle azioni di marketing, valutandone il reale impatto sul target di riferimento.

Questo potrebbe essere superato dalle metodologie che indagano i processi impliciti e le emozioni che guidano i processi decisionali e gli atteggiamenti dei consumatori, insieme al supporto delle evidenze scientifiche che dimostrano che le emozioni giocano un ruolo importante nelle decisioni e nella determinazione del valore di un’esperienza e/o di un brand. Per un esempio concreto, vi consiglio di leggere l’articolo dedicato alla misurazione dell’efficacia di uno spot televisivo.

5- Provati successi di varie applicazioni di neuromarketing

I casi di successo delle applicazioni di neuromarketing hanno incuriosito molte aziende, e dato inizio a varie sperimentazioni da parte di quelle più innovative. Tra queste troviamo i grandi brand come Procter & Gamble, Campbell’s Ford, Google, Microsoft e Facebook. Ma se le grandi aziende sono state coinvolte in questi studi innovativi, gli specialisti di neuromarketing forniscono pochissime descrizioni sul loro operato e si limitano ad accennare vagamente alle metodologie condotte nelle ricerche, fornendo solo informazioni parziali. Inoltre, solo una piccola parte delle tante aziende coinvolte in studi di neuromarketing, ha dichiarato di aver utilizzato strumentazioni neuroscientifiche per migliorare le proprie strategie di comunicazione.

Ciò che è positivo, però, è che molti studiosi del comportamento dei consumatori si sono avvicinati a neuroscienziati e psicologi per comprendere i processi decisionali in una prospettiva di marketing. L’Università di Harvard è stata una delle prime ad intraprendere queste ricerche, con la creazione del laboratorio Mind of the Market, seguita dalla London Business School ed altre università tedesche.

Le ricerche di neuromarketing e biofeedback hanno quindi un grande potenziale nel fornire nuovi intuizioni per valutare le comunicazioni aziendali e stimoli di altra natura.

Nel prossimo articolo vi spiegheremo in maggiore profondità il passaggio dalle ricerche tradizionali al neuromarketing, con lo scopo di capire la reale utilità delle tecniche di neurofeedback e biofeedback applicate alle decisioni.

TSW Neuromarketing

8 giugno 2016 Simona Carniato

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TAG: digital marketing neuromarketing eye tracking