Marketing e comunicazione: le differenze, per le aziende e per le persone

Partiamo da un presupposto: marketing e comunicazione sono colossi tematici che godono già di sufficiente spazio nella letteratura di settore, autorevole e non. Strategie di marketing, marketing mix e comunicazione sono stati definiti, approfonditi, scandagliati e ricomposti dalle menti più illustri che il panorama accademico e professionale ci ha offerto, a cui non ho pretesa o ambizione di affiancarmi. Sono stati però trattati anche da un nutrito esercito di penne rapide che, per volontà di offrire categorizzazioni sempre più semplici e aggiornamenti sempre più frequenti, si è trovato a generare una visione a tratti eccessivamente semplicistica di una complessità che aveva invece gran valore. Per offrirla a €9,90, versione eBook.

Quello che vorrei fare, qui, è tornare un po’ all’origine delle cose, per tenere a mente il senso profondo di ciò che facciamo: creare terreni di mutua soddisfazione tra chi offre prodotti e servizi e chi ne usufruisce.  Cos’è il marketing, dunque, e a chi serve? Qual è il rapporto con la comunicazione? E soprattutto, a quale fine spendiamo tempo e risorse su questo?

Marketing e comunicazione

Marketing e comunicazione: definizioni, caratteristiche e oltre

Partiamo da una semplice domanda: Cos’è e come nasce il marketing?

La nascita del concetto di “marketing”, a differenza della sua definizione, può essere facilmente circoscritta nel decennio a cavallo tra il 1910 e il 1920, quando negli Stati Uniti (sì, sempre loro) nasceva la National Association of Teachers of Advertising. Erano gli anni della Ford Modello T e della catena di montaggio, quelli in cui la produzione di massa era il risultato di un eccesso di domanda da parte dei consumatori rispetto all’offerta dell’imprenditore. In quel periodo, data la scarsità di prodotti presenti sul mercato, qualsiasi bene venisse prodotto veniva divorato dalla domanda. In altre parole, i bisogni erano talmente evidenti che lo studio del consumatore non era necessario. Con il boom industriale che sarebbe avvenuto di lì a poco ed il conseguente aumento dell’offerta però, questo equilibrio “corrotto” che governava il mercato si sarebbe invertito, portando il mercato ad uno stato di sovrapproduzione che la domanda non riusciva ad assorbire, spingendo i produttori a individuare nuove tecniche per rendere appetibile il proprio prodotto rispetto a quello della concorrenza. La comunicazione push, dei giorni odierni insomma – il male, la definiscono gli eterni stufi della troppa pubblicità invadente.

Da qui il termine “Marketing”, che può essere tradotto in italiano come “commercializzare” o più grossolanamente “portare sul mercato” (to market something). Il Marketing veniva quindi malamente e impropriamente definito come lo strumento per portare i consumatori a conoscenza del proprio prodotto. Il marketing sembrava coincidere con la pubblicizzazione del proprio prodotto ed entrava in gioco solamente nella fase di vendita, un mero sinonimo dell’advertising.

Per fortuna Kotler ha rimesso le cose al loro posto. La promozione del prodotto non è l’unica leva che concorre alla sua commercializzazione. Ne esistono altre tre fondamentali che a seconda dell’andamento del mercato sono state sfruttate in modo più o meno consapevole e più o meno strategico. Le conoscerete senza dubbio, ma repetita iuvant: prodotto, prezzo, posizionamento (anche chiamato, in un italiano più corretto, distribuzione).

Il marketing mix: gli elementi chiave di una strategia di marketing

Se siete fortunati come me, avrete approcciato il marketing già in ambito accademico, e quindi non potete non conoscere il Marketing Mix, anche detto Modello delle quattro P, ovvero la personale visione di cosa è il marketing secondo Philip Kotler, riconosciuto come uno dei padri della materia. Come dicevo poco sopra, il modello, diventato punto di riferimento, consiste in una combinazione di variabili (“leve”) che devono essere impiegate per raggiungere gli obiettivi di marketing:

  • Product
  • Price
  • Placement
  • Promotion

Nel corso degli anni il concetto di marketing si è evoluto, proprio come i bisogni della società che mira a soddisfare, ma in fondo queste quattro leve rimangono dei capisaldi. Gli esperti (e non) del settore, quando interpellati (e non), si sono limitati a restituire un’interpretazione soggettiva ed esperienziale del tema, spesso creando confusione o addirittura contraddicendosi.

Quando si è cominciato a parlare di 4 C, l’attenzione si è spostata dal Prodotto al Consumatore, dal Prezzo al Costo, dalla Promozione alla Comunicazione e, infine, dalla Distribuzione alla Convenienza.

Il marketing quindi comincia a dare valore a chi il prodotto lo acquisterà: la sua area d’interesse parte dall’idea del prodotto, che risponde a un bisogno, e arriva fino alla sua consegna nelle vostre case, ma anche oltre. Perché si plasma intorno al vostro processo d’acquisto, dal momento in cui realizzate di aver bisogno di qualcosa al momento in cui lo gettate nella differenziata. E come diventa un’attività di valore? Attraverso ricerca e ascolto dei bisogni reali delle persone.

Quindi le dimensioni di un sistema prodotto, a prescindere da come le chiamiate, non cambiano nella loro essenza, al massimo evolvono al passo coi tempi. Anche se, purtroppo, alla comunicazione non è stato reso questo favore: per molti infatti questo cambio di termine non ha rappresentato un processo evolutivo, ma meramente sostitutivo che livella le differenze tra comunicazione e promozione.

Promozione e comunicazione: sono sinonimi?

Promozione e comunicazione. Sinonimi. No.

Alla confusione intorno alla comunicazione ha contribuito la sua stessa natura fluida. Perché se da un lato la comunicazione lascia il suo obolo al marketing contribuendone per un quarto, dall’altro la comunicazione è molto più del marketing. Come si spiega il quasi paradosso? Con la distinzione tra comunicazione e promozione appunto.

Il modello delle 4 C a cui facevo cenno poco sopra introduce il concetto di comunicazione come leva del marketing. E in questo contesto si ricollega la definizione comunemente condivisa in ambito economico, sebbene non univoca ed ufficiale, che vede la comunicazione come la branca dell’economia che si occupa di promuovere un prodotto, direttamente o indirettamente e che, come conseguenza, avvicina il produttore al cliente. Questa è in realtà la promozione, ossia quella parte di comunicazione che fa parte del marketing e si lega a politiche di prezzo, prodotto e distribuzione per finalizzare la commercializzazione di un sistema prodotto. La pubblicità in tutte le sue forme, i testimonial, gli influencer.

Ma la comunicazione non è solo questo.

Allora come deve essere definita la Comunicazione?

In termini generali, la comunicazione aziendale può essere definita come una leva strategica imprescindibile per la creazione, il mantenimento ed il rafforzamento dei rapporti di fiducia tra l’azienda e tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nell’attività della stessa (clienti, partner commerciali, fornitori, azionisti, ecc.), comunemente detti stakeholder.

La peculiarità della comunicazione risiede nella sua duplice direzionalità referenziale: interna ed esterna all’azienda. La comunicazione interna si rivolge principalmente ai dipendenti e ha come scopo quello di veicolare i valori aziendali e di sviluppare una precisa brand identity. La comunicazione esterna, invece, svolge tipicamente funzioni più commerciali e ha come obiettivo quello di ottenere risultati misurabili e concreti, quali l’aumento delle vendite e quote di mercato. Gli attori principali sono i clienti, i media ed i partner commerciali. Ma anche i dipendenti, gli investitori, le istituzioni, i competitor e la società più in generale: queste audience di interlocutori esistono, non vanno ignorate, e rivolgersi a loro e il modo in cui farlo deve essere una scelta. E anche questa è comunicazione.

Le 7 C della comunicazione

La comunicazione è quindi una funzione trasversale a tutte le dimensioni aziendali con caratteristiche ben definibili, conosciute come le 7C della comunicazione:

  • Completezza: contenente informazioni utili e chiarificatrici
  • Concisione: pertinente e mai ridondante
  • Considerazione: coerente con il target di riferimento
  • Concretezza: basata il più possibile su dati e benefici reali e credibili
  • Cortesia: utilizzando un Tone of Voice pacato
  • Chiarezza: facilmente comprensibile
  • Correttezza: grammaticalmente e sintatticamente corretta

Riassumendo, se è vero che non si può non comunicare, la comunicazione di valore, pensata in un’ottica strategica, è un modello, se volete una pratica, molto più ampia della semplice promozione commerciale, che deve necessariamente essere adottata da ogni azienda, senza limitarsi all’applicazione nel piano di marketing.

Marketing e Comunicazione, da punti di vista differenti, con obiettivi diversi

Abbiamo visto come la definizione di una strategia di marketing e i relativi obiettivi di business non possano prescindere da un efficace piano di comunicazione. Al contrario, la stesura di un’efficace strategia di comunicazione spazia anche in ambiti non circoscrivibili alla sola funzione di promozione. La comunicazione aziendale si declina in flussi di informazioni, cultura, e valori aziendali che vengono indirizzati sia all’esterno dell’organizzazione, e quindi ascrivibili in parte ad un piano di marketing, sia internamente, con funzioni estranee a quelle commerciali.

In un’era in cui siamo circondati e costantemente bombardati da informazioni commerciali, veicolate sulla base di strategie di web marketing, è utile fare tesoro della consapevolezza che, se pur mutualmente necessari, marketing e comunicazione sono concetti diversi che rispondono ad obiettivi diversi. Servendosi di una metafora esplicativa si potrebbe dire che se il prodotto fosse una persona, il Marketing modellerebbe quello che “è”, mentre la Comunicazione gli darebbe voce.

26 novembre 2020 Andrea Pasin

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