TSW allo SMXL 2020 di Milano: le Discovery Campaigns

Anche quest’anno siamo stati tra i fortunati protagonisti di un evento, dallo svolgimento totalmente online, come è ormai tipico di questo periodo, di forte rilevanza nel mondo del Digital Marketing: l’SMXL di Milano.

Jessica Marcon, la collega che ha tenuto lo speech, ha scelto di portare come tema una delle ultime e innovative tipologie di campagne di Google Ads: le Discovery Campaigns.

Perché abbiamo scelto come tema le Discovery Campaigns di Google Ads

Questa tipologia di campagne è uscita in beta a giugno 2019, e dalla fine dello stesso anno è disponibile per tutti gli inserzionisti. Noi in TSW abbiamo avuto la fortuna di poterle testare sin da subito, per diversi clienti e soprattutto in diversi settori, dal finance all’e-commerce.

Questo ci ha permesso di raccogliere un po’ di dati e di renderci conto che, pur essendo campagne piuttosto recenti e molto semplici da implementare, funzionano molto bene e portano buoni risultati lavorando in ottica di performance. Infatti, ci permettono di agire non solo su quegli utenti che stanno per convertire, ma anche su coloro che sono meno vicini alla conversione effettiva, aumentando in questo modo le opportunità di business per i nostri clienti.

Quali le nuove opportunità di business procurate da questo tipo di campagne

Secondo Google stesso “Le campagne Discovery sono un nuovo modo di raggiungere gli utenti sulle properties Google nei momenti in cui sono disposti a scoprire i tuoi prodotti e servizi”.

Come già anticipato, quindi, queste campagne ci permettono, grazie alle loro audience dettagliate, di raggiungere le persone più interessate al nostro prodotto o servizio in una fase che potremmo definire di middle funnel o consideration, ovvero mentre vengono esplorate diverse opzioni: le campagne discovery, infatti, sono state create per raggiungere un pubblico sulla base dell’intenzione dell’utente.

Marketing funnel

Come funzionano le Discovery Campaigns: crearle e gestirle

Una delle caratteristiche principali di queste campagne è la forte automatizzazione anche a livello di ottimizzazione – basata totalmente sulle conversioni -, che avviene tramite gli algoritmi di Google Ads: molte impostazioni sono configurate per ottenere il massimo rendimento rispetto a budget e obiettivo e non possono essere modificate.

Questo comporta alcune conseguenze molto positive, altre un po’ meno.

Da dove partiamo quindi?

  1. Scegliete un’azione di conversione specifica: ottimizzate la campagna selezionando una conversione semplice e coerente con il pubblico a cui vi state rivolgendo.
  2. Impostate un budget coerente con il CPA target: Google consiglia di settare un budget almeno 10 volte superiore al valore dell’offerta, ma ovviamente basatevi sempre sui vostri dati e sulle vostre possibilità. L’importante è non mettere un budget di 20€ se il vostro CPA target è di 25€.
  3. Create un gruppo di annunci per ogni audience: questo vi consentirà di impostare CPA diversi a
    seconda dei target e faciliterà le ottimizzazioni della campagna ongoing.
  4. Sfruttate tutti gli asset creativi: consentirete al machine learning di lavorare meglio!

Abbiamo detto che le campagne discovery sono quasi totalmente automatizzate: quindi come possiamo ottimizzarle? Vediamo intanto cosa non possiamo fare:

  1. Posizionamenti: non possiamo sapere quanto una campagna eroga su YouTube, quanto su Gmail e quanto su Discover. Non possiamo quindi effettuare nessuna ottimizzazione sulla base dei posizionamenti meglio o peggio performanti.
  2. Aggiustamenti d’offerta: non possiamo aggiustare le offerte per tutti gli aspetti che solitamente sono il cuore delle nostre ottimizzazioni, come dispositivo, età, genere o segmento di pubblico. Possiamo valutarne il rendimento grazie al dettaglio dei risultati per ciascuna di queste caratteristiche, ma o decidiamo di includere, a esempio, una certa fascia d’età, o scegliamo, qualora non dovesse portare risultati, di escluderla totalmente dalla campagna.

Su cosa possiamo agire?

  1. CPA target: questo va modificato sulla base delle effettive performance. Di solito partiamo con un CPA leggermente più elevato e poi andiamo via via a ridurlo. Attenzione solo a non abbassarlo troppo, altrimenti potreste compromettere l’erogazione della campagna stessa.
  2. Audience: possiamo espanderle o ridurle a seconda delle performance, e possiamo testare categorie di pubblico differenti per trovare quella più adatta al nostro Brand e al nostro obiettivo.
  3. Creatività: possiamo valutare il rendimento dei singoli asset creativi. La piattaforma ci dirà, infatti, quale titolo riscuote maggior successo, quale immagine è più cliccata permettendoci di modificare quelli meno funzionanti
  4. Località: possiamo aggiustare le offerte per località. Non inseriamo quindi, ad esempio, «Italia» come località in fase di settaggio, ma andiamo ad aggiungere le singole regioni. In questo modo avremo molto più margine di ottimizzazione.

Ricordatevi, infine, che le campagne discovery girano solo sulle properties Google, cosa che ci aiuta molto per la brand safety: Google è stato, infatti, molto attento alla sicurezza del Brand e alla protezione dell’immagine dello stesso, per cui sappiamo che impedisce agli annunci di comparire vicini a contenuti con linguaggio volgare, sessualmente espliciti o di violenza.

Posizionamenti Properties Google

Riassumendo, 4 elementi chiave delle campagne Discovery

Per sintetizzare ancora di più quanto detto e quanto raccontato da Jessica all’SMXL, quando scegliete di impostare una campagna Discovery rispetto ad altre campagne su Google Ads tenete sempre a mente:

  1. I posizionamenti, che sono solo su properties Google
  2. Il forte orientamento alla conversione
  3. Le audience dettagliate
  4. Le creatività ad alto impatto

In questa veloce presentazione vi ho dato solamente alcuni spunti per sfruttare al meglio queste nuove campagne, ovviamente c’è molto altro da “scoprire”, ma poiché ogni attività è diversa, dovete testare sempre le novità e capire se sono adatte ai vostri clienti e ai loro prodotti.

19 novembre 2020 Giorgia Zambianchi

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TAG: content strategy advertising digital marketing brand perception