Il remarketing dinamico è l’esempio che uso sempre quando amici che non vedo da tanto, o nuove conoscenze, mi chiedono che lavoro faccio.
Per spiegarlo nel modo più comprensibile possibile, infatti, dico: “Hai presente quando vedi un paio di scarpe che ti piacciono su Zalando o cerchi un alloggio su Booking, e poi te li ritrovi in qualunque altro sito web tu veda? Ecco, quello è il mio lavoro.”
Di solito, vengo immediatamente odiata da chiunque, anche se poi in realtà il mio lavoro non è, fortunatamente, solo questo. L’esempio che uso per spiegarlo in modo semplicissimo, però, è esattamente, in breve, come funziona il remarketing dinamico.
“Attraverso la personalizzazione dei messaggi in base al pubblico, il remarketing dinamico aiuta a generare lead e vendite facendo tornare i visitatori precedenti sul tuo sito per completare ciò che hanno iniziato.”
“Con il retargeting per le inserzioni dinamiche, puoi ricordare alle persone i prodotti che hanno visto, ma che non hanno acquistato, sul tuo sito web o nella tua app mobile.”
Queste sono le definizioni di Google e Facebook per una delle attività fondamentali legate alla sponsorizzazione per e-commerce: il tema principale, per entrambi, è mostrare a ogni utente un annuncio specifico, personalizzato, relativo ai prodotti che ha già visto sul sito, in modo da invogliarlo a concludere l’acquisto.
Come avrete intuito, in questo post cercherò di darvi un’overview di come viene svolta l’attività e i risultati che porta sulle due piattaforme principali di digital advertising, Google Ads e Facebook Ads, in particolare per il settore e-commerce.
L’implementazione del remarketing dinamico richiede la collaborazione di chi si occupa della gestione del sito, per tre attività fondamentali:
Una volta smarcati questi punti, l’attività potrà essere gestita direttamente dalle piattaforme di digital advertising, collegando il feed di prodotti alle nostre campagne di remarketing, e creando annunci specifici.
Quali sono le informazioni fondamentali che devono essere contenute nel nostro feed, e quali verranno poi mostrate agli utenti?
Innanzitutto, perché il sito e il feed si parlino, in modo da mostrare i prodotti giusti all’utente giusto, è necessario che venga passato l’ID del prodotto, che deve necessariamente essere univoco.
Questo permetterà a Giorgia di vedere, navigando su siti diversi o su Facebook, esattamente le scarpe che aveva cercato, e a Edoardo il gioco che tanto desidera.
Ma il feed di prodotti deve contenere anche altre informazioni, tra cui prezzo, link all’articolo, immagine dell’articolo, marca e titolo. In questo modo e con queste informazioni, Google o Facebook riusciranno a creare in automatico un annuncio che avrà un aspetto simile a questi:
Gli annunci di remarketing dinamico, composti normalmente dalle immagini dei prodotti già visti dall’utente o simili a essi, possono comparire:
Normalmente, le piattaforme consigliano di selezionare il maggior numero di posizionamenti per permettere al sistema di ottimizzare in autonomia le campagne.
Potete assecondarle, oppure selezionare solo i posizionamenti che ritenete migliori. In questo secondo caso, però, sarebbe meglio mantenerne attivi, nel caso di Facebook, almeno 4.
La parte più importante e strategica dell’attività legata al remarketing dinamico è probabilmente la scelta del target. Questo perché non tutti gli utenti che approdano al nostro sito e visualizzano i prodotti hanno lo stesso valore per noi e spesso sparare nel mucchio non è la soluzione più corretta.
I target selezionabili per questa attività, che si creano in automatico quando viene installato il pixel, sono:
Ovviamente, attraverso l’installazione dei tag, sarà poi possibile creare ulteriori segmenti personalizzati, in modo, se fosse necessario, da segmentare ulteriormente gli utenti e rendere il target più specifico in base alla strategia decisa.
Per esperienza personale, il segmento che ottiene un conversion rate più elevato e un ROI maggiore, è quello del carrello abbandonato.
Spesso però si tratta di un segmento molto piccolo, che porta volumi non particolarmente elevati.
Per questa ragione, e perché, ci tengo a sottolinearlo, ogni business ha le sue caratteristiche e le sue peculiarità, io vi consiglio di procedere in due modi, a seconda del budget a disposizione:
Ah, un consiglio: per non sfiancare le persone, sarebbe sempre buona prassi escludere chi ha acquistato di recente (il tempo varia in base al prodotto che vendete) e non proporre l’annuncio per un periodo superiore ai 14/30gg dall’ultima visita dell’utente al nostro sito.
Inoltre, anche la quantità di annunci visibili in una giornata dovrebbe essere limitata: io evito di andare oltre le 6 visualizzazioni degli annunci al giorno su Google (Facebook le limita di default).
Questa combinazione può essere ampiamente personalizzata, ma di base ciò che dobbiamo tenere a mente è che i nostri annunci non devono risultare spam: Booking, a esempio, tende a riproporre le stesse strutture, magari già prenotate, per diverso tempo dopo la visita e la prenotazione. Non so per voi, ma io credo sia un metodo scorretto di procedere. Avrebbe più senso propormi strutture diverse a prezzi simili, se non avessi prenotato, o nuove mete per un viaggio successivo.
Come il remarketing tradizionale – che utilizza le stesse immagini o banner per tutti gli utenti -,
anche quello dinamico può prestarsi a messaggi specifici: nulla vieta, infatti, di unire alla creatività, altamente personalizzata sui gusti dell’utente, un messaggio dedicato a chi abbandona il carrello, o a chi ha acquistato in passato, dando magari uno sconto, un omaggio o la spedizione gratuita.
Sicuramente, il vantaggio principale è quello di mostrare alle persone, mentre navigano sulla rete display di Google o su Facebook e Instagram, esattamente i prodotti che hanno già visto o i più simili a essi, andando quindi a stimolare un desiderio espresso in modo chiaro.
Con il remarketing tradizionale, per ottenere lo stesso risultato, bisognerebbe suddividere gli utenti in modo eccessivo, rischiando di avere segmenti troppo piccoli di pubblico che potrebbero non essere sufficienti a far partire le campagne.
A questo si aggiunge il lavoro totalmente manuale che comporta un effort eccessivo.
Il risultato è che di solito si sceglie un’immagine o un banner html5 generici da mostrare a tutti i visitatori, che poco stimola l’interesse degli stessi.
Il secondo vantaggio, come già anticipato, è rappresentato dall’effort dedicato alla campagna: dal settaggio all’ottimizzazione, il risparmio di tempo è sicuramente quantificabile.
Ho scaricato un po’ di dati di nostri clienti, e-commerce internazionali, per avere un benchmark delle performance del remarketing dinamico in confronto a quello più tradizionale.
Sulle due piattaforme, e sui principali paesi europei, vediamo risultati simili:
Queste metriche combinate portano a un costo per conversione che si riduce a fronte di un ROI (che comunque va rapportato anche al carrello medio), che tende a crescere.
Riprendendo quanto già affermato in precedenza, e cioè che tutte le soluzioni vanno testate, possiamo comunque affermare che per la nostra esperienza, su e-commerce internazionali, il remarketing dinamico ottiene in genere risultati migliori rispetto a quello tradizionale.
Questo ha portato entrambe le piattaforme a sviluppare una nuova tipologia di campagna che, pur sfruttando il feed di prodotti, è dedicata a un pubblico che non ha visitato il nostro sito, mostrando a questi nuovi utenti dei prodotti simili a quelli che hanno visto in altri e-commerce.
Non vi svelo altro, avremo sicuramente modo di parlarne in un articolo dedicato.