Circa un mese e mezzo fa, giorno in cui è stato pubblicato sul nostro Journal, ho letto con curiosità un articolo scritto da una collega: Giulia ha condiviso alcune riflessioni molto interessanti riguardo a come siano cambiati gli investimenti delle aziende nella pubblicità online e di conseguenza i costi della stessa, in seguito alla diffusione del coronavirus.
Il suo articolo mi ha dato lo spunto per approfondire un aspetto di questi ultimi mesi molto intensi, un periodo in cui senza volerlo le nostre abitudini sono certamente cambiate: se radicalmente, potremo dirlo solo col tempo. Il tema riguarda nello specifico il nostro approccio alla tecnologia e all’utilizzo quotidiano che facciamo dei dispositivi digitali. Nel periodo della quarantena abbiamo utilizzato di più i nostri device rispetto al solito? È cambiato il modo in cui ci informiamo, utilizzando forse di più i canali di comunicazione digitali piuttosto che quelli tradizionali come la televisione? È per questo che i costi della pubblicità hanno subito delle variazioni?
Inutile negarlo: questi mesi ci hanno veramente messo a dura prova. Tra lo spaesamento dovuto alla notizia della diffusione di un virus sconosciuto, l’impossibilità di vivere le giornate come avremmo voluto con la primavera che stava arrivando, e una lontananza forzata dai propri cari e amici, a partire dal mese di marzo le cose si sono fatte realmente difficili. Per non parlare delle ripercussioni economiche di tutto ciò.
E nelle nostre case, senza poter uscire, senza poter parlare personalmente con qualcuno, senza poter uscire per praticare sport, senza poter andare al cinema… che cosa abbiamo fatto? Che tipo di reazione c’è stata da parte nostra?
Sempre citando, come Giulia, la ricerca condotta da Global Web Index con dati raccolti nel marzo 2020, stavolta ci potremmo soffermare su alcuni punti che riguardano maggiormente le abitudini delle persone, e meno quelle delle aziende, su cui si era concentrata la collega nel suo articolo. Buttando un occhio sul mercato italiano, la ricerca evidenzia un forte incremento del bisogno di informarsi: il 35% degli italiani ha affermato di aver guardato, nel periodo analizzato, molto più spesso il telegiornale e questo è un dato valido per quasi tutte le fasce d’età ad eccezione di quella più giovane (25-34 anni) che per il 32% ha preferito l’intrattenimento di show e servizi di streaming, come ad esempio Netflix o Amazon Prime.
La ricerca ci racconta anche come nel mese di marzo sia nato un bisogno altrettanto notevole di restare in contatto con gli amici. Forse non poterli incontrare, per osservare il social distancing, ci ha fatto rivalutare alcuni legami? Fatto sta che il 29% degli italiani ha trascorso molto più tempo utilizzando il proprio smartphone su piattaforme di messaggistica come WhatsApp e Facebook Messenger, impiegando il tempo in lunghe chattate o videochiamate.
Altri comportamenti a cui dedicare alcune righe sono attività a cui non eravamo abituati o che avevamo accantonato per mancanza di tempo e che adesso invece abbiamo ripreso a fare, magari sotto consiglio di un amico o in autonomia per sconfiggere la noia. Si può citare in questo senso l’ascolto di audiolibri (+16%), l’utilizzo di computer o videogiochi (+15%), l’uso di Spotify o Apple Music (+9%) e infine il caricamento o la creazione di video su piattaforme come YouTube o il nuovo Tik Tok (+3%).
E a proposito di Tik Tok, l’applicazione cinese si aggiudica il primato tra quelle più scaricate su scala globale nel periodo Covid, seguita da Zoom, le quattro app di Mark Zuckerberg (Facebook, WhatsApp, Instagram e Messenger), Google Meet e Telegram. Un download selvaggio che durante il periodo tra aprile e giugno ha toccato picchi come 35 miliardi di applicazioni scaricate. In particolare, per i dispositivi Android, i download sono aumentati del 10% e di questi ben il 45% sono stati download di giochi!
Per uomini e donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni, il tempo speso sui social network come Facebook, Instagram e Twitter è aumentato del 24%, senza particolari sbilanciamenti tra un target e l’altro, o a livello di genere.
Pensando sempre ai social media, è curioso osservare come il loro ruolo da mezzo prevalentemente di intrattenimento sia passato a essere anche quello di canale informativo in cui le persone ricercano costantemente nuovi valori trasmessi da parte dei Brand, come serietà e affidabilità. Non a caso, una delle evidenze più curiose della ricerca di Global Web Index è che due italiani su tre riterrebbero molto utile se i social network riuscissero a filtrare le fake news. Così, ben il 60% delle persone vorrebbe lasciare ai social media un ruolo attivo in queste situazioni di difficoltà globale e vorrebbe che diventino uno strumento utile alla collettività al fine di fronteggiare l’emergenza.
Questi dati parlano chiaro e descrivono i cambiamenti che si sono verificati nelle nostre abitudini a partire dal mese di marzo 2020. Chi può dire cosa succederà nei prossimi mesi? Ci sono alcuni atteggiamenti che fanno parte di noi e che non potranno certo essere sradicati con facilità. Altri sono nati con una velocità così sorprendente e in una situazione così insolita che forse potrebbero già essere entrati a far parte della nostra quotidianità. Conoscere quali altri cambiamenti arriveranno ovviamente non ci è possibile, ma ascoltando le persone e osservandole è uno dei metodi migliori per provare a individuare nuove direzioni e trend.